L’EDITORIALE – LA NARRAZIONE DELLA SINISTRA È FINITA (di Andrea Sartori)
La gigantesca manifestazione di Washington a favore di Donald Trump segna il grande fallimento della narrativa di sinistra. Sembrano oramai lontanissimi i tempi in cui le tre B (Bush, Blair, Berlusconi) erano percepite come il Male assoluto, e Michael Moore visto come un faro del libero pensiero. Oggi la narrazione leftist non fa più presa, mentre personaggi “conservatori” ottengono un successo mediatico senza precedenti, contro tutte le aspettative.
Il declino era cominciato con l’era Obama. Come ogni personalità di sinistra, Obama era un personaggio studiato a tavolino: bello, con un sorriso alla Kennedy e un’oratoria alla Martin Luther King. A tutto ciò aggiungiamoci l’etichetta di “afroamericano che ha riscattato i figli degli schiavi” (quando, a ben vedere, non ha una goccia di quel sangue nelle vene). Tutto l’apparato mediatico e hollywoodiano erano con lui e, all’epoca, questi ultimi influenzavano ancora l’opinione pubblica. Eppure, è con lui che si è inceppata la narrazione della Sinistra “cool”.
Il grande avversario del Presidente afroamericano, specie durante il secondo mandato, fu il presidente russo Vladimir Putin. Quest’ultimo aveva il perfetto “physique du rôle” del villain (furfante) cinematografico: passato nel KGB, sguardo di ghiaccio, oligarchi di dubbia moralità alla sua corte, voci – mai confermate in realtà – di assassinii politici da lui progettati. Eppure, mediaticamente, alla fine, il “villain” russo divenne più popolare del “good boy” afroamericano. Facebook fu tutto un proliferare di gruppi filoputiniani in Europa e persino in America. La vittoria russa sull’Isis mise definitivamente fine alla favola di Obama. Per la maggioranza delle persone, nonostante la demonizzazione giornalistica dei Saviano e del “New York Times”, il russo era il salvatore della civiltà, mentre l’americano era il finanziatore del terrorismo islamista e il guerrafondaio. E questa narrativa non funzionò solo sui nostalgici dell’URSS in vena di revanscismo (che di Putin, più simile a Reagan che a Stalin, non avevano capito granché), ma anche presso una fetta di opinione pubblica tradizionalmente filoamericana. Si arrivò al paradosso di vedere ex supporter dell’American Dream tifare per l’orso russo e la Sinistra diventare filoamericana.
Donald Trump ha messo “mediaticamente” Putin in soffitta. Il primo poteva essere il nuovo “supervillain” e, infatti, i media gli cucirono addosso un’immagine da Lex Luthor, il miliardario pazzo e cattivissimo che vuole insidiare le nobili istituzioni americane. L’immensa popolarità di Trump in tutto il mondo, simboleggiata da gruppi di preghiera per la sua rielezione, messaggi, fuga dai social “liberal” per approdare al “trumpiano” Parler e infine la manifestazione di Washington mettono fine alla leggenda di Obama. Questo è oramai percepito come un personaggio quantomeno ambiguo, mentre Trump è il “pacificatore” e il nemico degli speculatori di Wall Street – ruolo che tecnicamente doveva appartenere al predecessore.
Nella Chiesa sta avvenendo la stessa cosa. Papa Francesco era pensato come una sorta di Obama cattolico, un Papa mediatico. Anche Giovanni Paolo II lo fu, ma il polacco era un conservatore e, dietro il “fumo” mediatico, c’era anche parecchio arrosto. Bergoglio doveva essere solo un “ragazzo immagine” della Chiesa di Sinistra, mentre Benedetto XVI veniva rappresentato mediaticamente come il conservatore retrivo che non capisce i giovannei “segni dei tempi”. E, anche qui, qualcosa si inceppa. La popolarità del Papa tedesco, dal nome da generale prussiano e dalla fama di inquisitore, conosce picchi mai visti durante un pontificato, mentre Bergoglio viene visto come eretico, addirittura come l’anticristo. Piace a qualche ateo, ma non converte. Non infiamma i credenti.
La Sinistra liberal ha ripreso saldamente – per ora – il potere politico, ma non riesce più a conquistare i cuori come ai tempi di Kennedy, perché è caduto il “velo di Maya”: le belle parole non bastano più a coprire i fatti. I prossimi anni saranno dominati probabilmente da due personaggi della loro parte: il liberal Joe Biden, figura sbiadita rispetto al carismatico Obama, e il neomaoista Xi Jinping, tiranno orwelliano percepito come responsabile dell’attuale disastro mondiale (ma amato dai media), al posto dell’amato (ma odiato dai media) Putin.
Perché la Sinistra ha perso la battaglia della conquista di cuori e menti? Perché la narrazione mediatica non attacca più. Lo star system e i grandi giornali sono percepiti, per la prima volta, come contigui al potere. La Destra, invece, ha abbandonato riferimenti “di apparato” come i Bush e i Berlusconi: la forza di Trump fu proprio quella di essere un autentico outsider, a differenza del finto Obama e dei “gatekeeper” Tsipras, Grillo e Conte.
I prossimi anni vedranno probabilmente da Sinistra uno scenario simile a quello della Destra dei primi anni Duemila: al potere politico, ma sempre meno amata dalla gente. Biden potrà reggere giusto per un mandato, non di più.
Andrea Sartori
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L’AUTORE
Andrea Sartori è nato a Vigevano il 20 febbraio 1977. Laureato in Lettere Antiche presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha vissuto a Mosca dal 2015 al 2019 insegnando italiano e collaborando con l’Università Sechenov. Attualmente collabora presso il settimanale “L’Informatore Vigevanese”. Ha pubblicato con IBUC i romanzi Dionisie. La prima inchiesta di Timandro il Cane (2016) e L’Oscura Fabbrica del Duomo (2019) e, con Amazon, Maria. L’Eterno Femminino (2020)