L’EDITORIALE – ERAVAMO GIÀ SCONFITTI (di Matteo Fais)
Abbiamo perso. E se avessimo vinto? Beh, non sarebbe cambiato granché. L’Occidente è quello che è, oramai, e la tendenza che ha preso è inarrestabile.
Probabilmente, in America, vi sono stati dei brogli, ma ciò non modifica la sostanza della nostra condizione. Il futuro è progressista, che ci piaccia o meno. Non penserete certo che tutto ciò per cui la Sinistra va gettando i suoi semi da decenni non trionferà sul lungo periodo? Lgbttismo, eutanasia come controllo della popolazione mondiale, fine della famiglia tradizionale, ecc. sono il nostro orizzonte. Non dovete guardare le poche rovine che timidamente ancora vi restano in piedi intorno, ma ciò che sarà.
Il processo per il sovvertimento è lungo e ha avuto il suo principio ormai tanto tempo fa. Da prima, è stata lentamente distrutta la tradizione. Nel mentre, si è cominciato a diffondere certe idee. Queste hanno attecchito e ora le stiamo – sempre lentamente – vedendo farsi prepotentemente largo e imporsi. Resistere, sia chiaro, servirà a poco. Il moto storico farà il suo corso nella inconsapevolezza generale.
Noi siamo gli sconfitti. Colpa nostra, inutile negarlo. Non ci siamo mai opposti in modo netto, feroce, passionale. Ci siamo limitati a sperare che le cose non andassero proprio come sapevamo che sarebbero andate. Adesso, è troppo tardi per il muro contro muro. È come voler rieducare un figlio a trent’anni, dopo che durante l’infanzia si è sempre lasciato correre rispetto a ogni suo intemperanza. Bisognava svegliarsi prima, essere più duri, non lasciar passare niente di ciò che la marmaglia progressista proponeva. Oggi, ci dobbiamo tenere Bibbiano, i matrimoni strani, le famiglie ancora più strane, i rapporti umani completamente devastati, la comunità disgregata, i figli sparsi per il mondo, i precari condannati a un’eterna adolescenza di tristezza, e via dicendo.
No, davvero, se avesse vinto Trump – e avrebbe vinto di poco, esattamente come Biden –, niente sarebbe mutato in questa folle corsa contro un muro. Le giovani generazioni sono nate e moriranno progressiste. Una certa tendenza in loro non è più unicamente un prodotto antropologico. Quella cultura è divenuta la loro seconda natura, l’essenza. A meno di non ucciderli tutti, come prospetta Platone, nella Repubblica, per coloro che hanno vissuto in una società corrotta, sarà difficile poter tornare indietro. Si va sempre “avanti” una volta che un moto è stato impresso come forza dominante al mondo, anche se alcuni lo fanno con lo sguardo rivolto al passato, come l’angelus novus di Walter Benjamin.
Rassegnativi, non moriremo democristiani, ma progressisti, gendericamente fluidi, con una cultura da test a risposta multipla, con genitori separati, divisi nel nostro stesso animo, con una contratto a tempo determinato con la vita. Dio è morto, Marx è morto, i confini sono caduti e io, voi, o Trump non possiamo nulla contro, solo aspettare come tutti l’uscita del nuovo modello di iPhone.
Se si potesse, ci sarebbe da morire – peccato solo per tutta la Bellezza che lasceremmo nelle mani della loro cancel culture. Oppure, con disperato orgoglio, non resta che una dimensione. Rifiutando la pace eterna del loro mondo senza né alto né basso, né bene né male, scegliere la via della inquieta rivolta esistenziale. Ecco, essere uomini in rivolta, singole creature contro tutto e tutti. Vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, nella consapevolezza di non poter evitare niente di ciò che loro hanno scelto per noi, ma cercando ogni istante di essere il bastone tra le ruote, il punto di rottura, la pistola nella tasca di Travis Bickle in Taxi Driver. Sì, essere inesauribilmente contro, la spina nel fianco, il proiettile vagante. Ma non contate sugli altri. Sono quasi tutti dalla parte del nemico. Da qui in poi, siete soli.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Dover percorrere l’ultimo tratto di strada che mi separa dalla fine con questa allucinante prospettiva mi spaventa non poco.
Un’analisi perfetta, uno schiaffo all’anima ma purtroppo veritiera. Rimaniamo divisi tra il continuare a farci del male interessandoci di tutto ciò pur sapendo di non avere speranze e il lasciarci alienare facendo finta di nulla, chiudendo gli occhi fino alla fine dei nostri giorni. L’unica speranza nella fede in Cristo e nella fine dei tempi.
non penso. nulla è mai inutile. sarebbe invece cambiato che avremmo avuto ancora 4 anni di sospensione prima della terza guerra mondiale e del collasso finanziario…