NON TUTTE LE PIAZZE SONO UGUALI PER LA SINISTRA (di Andrea Sartori)
L’ipocrisia mediatica italiana non ha confini. I giornalisti nazionali, sino a ieri, hanno glorificato il movimento Black Lives Matter che ha letteralmente devastato gli Stati Uniti. Sempre fino a qualche minuto prima, hanno inneggiato alle manifestazioni non autorizzate di Navalny contro il governo russo. Sulle quelle di Napoli, Milano e Torino, invece, hanno usato una retorica forcaiola, invocando i cannoni di Bava Beccaris. Le proteste, anche violente, contro Trump e Putin vano benissimo, contro Conte no – e, ovviamente, sono stati tiepidi su Hong Kong, perché il Governo italiano è pur sempre un fantoccio cinese. Pare che le vite dei commercianti e dei piccoli imprenditori “don’t matter” (non contino). Perché si sta parlando di gente esasperata che sta perdendo tutto e non viene minimamente aiutata dallo Stato.
Mentre in America il consulente politico greco-americano, George Papadopoulos, twitta “Napoli. Italia. Gli italiani stanno combattendo contro un governo totalitario”, un tal Antonello De Pierro, giornalista e presidente del movimento “Italia dei diritti”, (sic) scrive “sono democratico ma se fosse di mia competenza darei l’ordine di sparare”. Praticamente, i cannoni di Bava Beccaris che fecero ottocento morti nel maggio 1898, a Milano, durante le proteste per l’aumento del prezzo del pane, non si sono schiodati di un millimetro, malgrado questi presunti “democratici” che scrivono articoli indignati contro Putin o Lukashenko.
E, purtroppo, ci sono anche i “romanzamenti” giornalistici. Sulle proteste di Napoli, il coro mediatico ha subito scritto “c’è dietro la camorra”. Ma nel coro c’é una stecca importante. Roberto Saviano ha scritto: no, la camorra non c’entra, è la disperazione, mentre De Luca sta gettando sulla gente la colpa della sua malagestione della sanità. Lo scrittore campano non è proprio l’ultimo arrivato, quando si parla di Napoli e camorra. La vetrina di Gucci a Torino non è stata sfasciata dai manifestanti, ma da due egiziani che non c’entravano nulla.
La violenza va sempre condannata, ma condannarla sempre è un po’ ipocrita, perché, come diceva Mao, la rivoluzione non è un pranzo di gala e non si può fare con tanta gentilezza. La rivoluzione non violenta alla Gandhi, che ritengo la migliore in quanto più efficace, verrebbe ugualmente demonizzata. La disobbedienza civile, teorizzata dallo scrittore americano Thoreau e messa in atto dal Mahatma, consiste nel disobbedire e nel non pagare le tasse. I commercianti quindi non dovrebbero alzare un dito, ma alzare le saracinesche. E non fare mezzo scontrino, pretendendo pagamento solo in contanti.
È davvero inevitabile? Al momento, sì. Perché pare quasi che il Governo attuale, con la scusa del Covid, abbia dichiarato alla piccola impresa una guerra paragonabile solo a quella che Lenin e Stalin mossero a danno dei kulaki, i piccoli proprietari terrieri della Russia zarista. Per ora non ci sono le fucilazioni, ma si usa un subdolo metodo per indurre la morte da inedia. Ma il coro mediatico mainstream sta cominciando a invocare quella repressione che sino a ieri condannava, quando veniva applicata da governi totalitari. Anzi, qualcuno comincia a dire che in fondo “la dittatura funziona meglio”. Quel qualcuno non è un signore qualunque, ma il “padre spirituale” del governo, Beppe Grillo.
Il Covid è stato il pretesto in varie parti del mondo per indebolire, se non addirittura abolire, la democrazia, come afferma uno studio dell’Università di Oxford pubblicato nella rivista Law and the Bioscences lo scorso 29 settembre: i Paesi con una democrazia debole come l’Italia hanno visto la transizione verso un regime e la libertà di stampa, tra le più basse del mondo occidentale, subire un’ulteriore crollo. Ma anche le dittature più feroci hanno un occhio di riguardo per l’economia: la Cina ha deciso che il Covid “non c’é più” – e quasi certamente non è così, vista la loro trasparenza – per rilanciare il mercato. Il nostro regime, invece, la sta distruggendo. Vien da chiedersi se Conte davvero non voglia svendere il Paese alle multinazionali o ai suoi amici cinesi.
Andrea Sartori
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L’AUTORE
Andrea Sartori è nato a Vigevano il 20 febbraio 1977. Laureato in Lettere Antiche presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha vissuto a Mosca dal 2015 al 2019 insegnando italiano e collaborando con l’Università Sechenov. Attualmente collabora presso il settimanale “L’Informatore Vigevanese”. Ha pubblicato con IBUC i romanzi Dionisie. La prima inchiesta di Timandro il Cane (2016) e L’Oscura Fabbrica del Duomo (2019) e, con Amazon, Maria. L’Eterno Femminino (2020)
Bravo Sartori. L’università di Pavia produce ancora delle belle teste pensanti.
Complimenti