SEMPRE PIÙ (VI)CINA – (di Davide Cavaliere)
Come sanno anche i bambini, la Cina è vicina, talmente prossima che ha un sacco di suoi sostenitori e alleati nel nostro governo. Il Movimento Cinque Stelle è il partito più filocinese d’Europa e il Partito Democratico non disdegna l’amicizia col dragone rosso.
Non a caso, questo esecutivo, non sembra opporsi all’imperialismo cinese in Italia, anzi, coadiuva il regime di Pechino nelle sue iniziative economiche e politiche.
Una cortina di bambù sta calando sul mondo, e noi italiani rischiamo di trovarci troppo a oriente.
Nella non troppo remota ipotesi che le elezioni presidenziali americane siano vinte da Joe Biden, le cose precipiterebbero a una velocità inusitata. Biden è un grande amico della Cina, sovente appare come un fedele amico di Pechino, praticamente un pechinese. Se il candidato democratico dovesse vincere, il regime comunista avrà un buon amico alla Casa Bianca.
“Sleepy” Biden ha alle spalle una lunga storia di dichiarazioni pro-Cina. Dunque, non è sorprendente che l’anno scorso abbia detto: “Non sono cattive persone, gente. Non sono nostri concorrenti”. Dopo aver ricevuto una sequela di reazioni negative per questa osservazione, i suoi consiglieri hanno cercato di trasformarlo in un avversario del regime di Xi Jinping, ma Biden non può sfuggire al suo passato di “simpatizzante” dell’ascesa al potere della Cina, mentre ricopriva un importante carica pubblica.
In qualità di vicepresidente di Barack Obama e di uomo di riferimento della Cina, Biden si è avvicinato ai leader del Partito Comunista. All’apertura della terza sessione del dialogo economico e strategico USA-Cina nel maggio 2011, Biden ha affermato che “una Cina in ascesa è un fattore positivo, positivo, non solo per la Cina ma per l’America e il mondo in grande.” Biden ha definito il rapporto con la Cina ricercato dall’amministrazione Obama-Biden come “una partnership cooperativa”.
Qualche mese dopo, nell’agosto del 2011, in una tavola rotonda d’affari USA-Cina tenutasi a Pechino, Biden ha dichiarato che “io e il presidente Obama, diamo il benvenuto, incoraggiamo e non vediamo altro che benefici dagli investimenti diretti negli Stati Uniti da parte di imprese cinesi ed entità cinesi”.
Biden ha favorito la Cina in maniera sfacciata. A seguito degli incontri tra Biden e l’allora vicepresidente Xi Jinping nel 2011 e nel 2012, l’amministrazione Obama ha consentito alle società cinesi di accedere al mercato dei capitali statunitensi senza dover passare attraverso la rigorosa ispezione dei loro libri contabili da parte dei controllori statunitensi. L’idea di Biden di una “partnership cooperativa” era, evidentemente, quella di rafforzare il potere economico di una “Cina in ascesa”, offrendo alle aziende cinesi l’opportunità di accedere al mercato finanziario statunitense senza intoppi.
La rapida crescita economica della Cina, aiutata da Biden, ha consentito al regime comunista di sviluppare una tecnologia militare e informatica tale, da farne la più grande minaccia alla sicurezza delle nazioni occidentali. Proprio durante le amministrazioni Obama, Huawei rafforza le sue posizioni economiche.
Da vent’anni, Biden guarda con sospetta simpatia alla Cina. Nel luglio del Duemila, durante un’audizione della “Commissione per le relazioni estere” del Senato sul conferimento dello status di relazioni commerciali normali e permanenti alla Cina comunista, l’allora senatore Biden affermò che “la concessione di normali relazioni commerciali permanenti alla Cina ha poco a che fare con la nostra sicurezza nazionale. Non aumenta il loro accesso alla tecnologia statunitense controllata. Non aumenta il loro accesso ai nostri mercati “. Si sbagliava, come si è sempre sbagliato.
L’accesso cinese al libero mercato mondiale non ha impresso alcuna spinta liberalizzatrice al regime, che negli anni si è ulteriormente rafforzato. Furto di proprietà intellettuale, uso di tattiche ingannevoli per ottenere un vantaggio economico ingiusto, spionaggio, corruzione internazionale, violazioni dei diritti umani, continuano a essere prassi naturale di Pechino.
Dunque, perché Biden appoggia la Cina? Demenza senile? Probabilmente no. Secondo Peter Schweitzer, giornalista di spicco e autore del documentario intitolato Riding the Dragon: Uncovering the Bidens ‘Chinese Secrets, Hunter Biden, figlio di Joe, sarebbe coinvolto in accordi discutibili con entità affiliate al governo cinese, proprio mentre suo padre era vicepresidente. Schweitzer ha affermato che “i Biden erano preparati e disposti a fare soldi, anche se ciò ha danneggiato la posizione militare degli Stati Uniti nei confronti dei cinesi, che sono i nostri principali rivali sulla scena globale”.
Hunter Biden era coinvolto con una società di investimento dominata dalla Cina chiamata Bohai Harvest RST (BHR) mediante una società statunitense denominata Rosemont Seneca Partners, che Hunter aveva formato nel 2009 con Chris Heinz, il figliastro dell’ex Segretario di Stato John Kerry e altri. BHR è stata costituita alla fine del 2013 da una fusione tra la società legata al governo cinese, Bohai Capital, e Rosemont Seneca Partners. Intorno al periodo della fusione che ha creato BHR, Hunter Biden volò a bordo dell’Air Force Two con suo padre in Cina. Durante la sua permanenza in Cina, Hunter ha aiutato Jonathan Li, CEO di Bohai Capital, a “stringere la mano” all’allora vicepresidente Joe Biden. Strano tempismo.
L’anno scorso, il presidente della commissione finanziaria del senato Chuck Grassley ha scritto una lettera al segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, in merito alla discutibile acquisizione di una società di tecnologia automobilistica statunitense, Henniges, da parte di una compagnia aerea cinese e della BHR, la società costituita dal figlio di Biden. Secondo quanto riferito, la tecnologia di Henniges ha applicazioni militari. Grassley ha espresso preoccupazione per il processo di acquisizione. Attraverso il Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti (CFIUS) dell’amministrazione Obama-Biden ha approvato la suddetta manovra.
Questa vicenda rivela il grado di corruzione di Biden, pronto a svendere ai cinesi la sua Patria. Una futura amministrazione Biden non arginerebbe il neocolonialismo cinese, lasciando che paesi della NATO, come l’Italia, cadano nelle fauci di Pechino.
Davide Cavaliere