Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’EDITORIALE – NON AVETE IDEA DI COSA INSEGNANO, NELLE SCUOLE, AI VOSTRI FIGLI (di Matteo Fais)

Non è naturale per un adolescente passare il grosso del suo tempo seduto a un tavolo assorto nello studio. Un ragazzo normale vuole trascorrere le giornate in un contatto diretto con il mondo reale. Tra i popoli primitivi, ciò per cui i bambini vengono preparati sono tutte attività in ragionevole armonia con i naturali impulsi umani.

Theodore Kaczynski, La società industriale e il suo futuro – Il manifesto di Unabomber, (trad. mia).

Grazie al cielo, non ho figli, altrimenti uscirei fuori di testa dall’incazzo un giorno sì e l’altro pure.

Una madre mi contatta di recente per mostrarmi degli opuscoli che vengono distribuiti nella scuola del figlio, un bimbo di terza elementare. Opuscoli che vengono non solo distribuiti, ma che vanno a costituire materiale didattico e a sottrarre ore preziose all’insegnamento frontale, in classe.

Ecco l’opuscolo distribuito dalla Regione Lombardia

A quanto pare – io lo ignoravo, non avendo figli – è stato introdotto nelle scuole una sorta di sistema americano di formazione, per cui gli infanti e i ragazzini vengono educati anche a sviluppare quelle che vengono dette “life skills” (strategie di vita, o abilità nella vita). Per esempio, insegnano loro come avere stima di sé, come affrontare lo stress. Una roba folle. Lo stress in terza elementare? Ma vogliamo parlare del programma sul come prendere la decisione giusta, l’essere assertivi, o il gestire le proprie emozioni?

Ecco a voi “Lo Stressometro”… Ma vi sembra normale in terza elementare?

Non so come la vediate voi, ma a casa mia erano i miei genitori a occuparsi di queste cose. Rientrava tutto in quel grande calderone che passa sotto il nome di “educazione”. Poi, per carità, i genitori sbagliano anche, ma dare delle indicazioni di vita dovrebbe rientrare tra i loro compiti – almeno, secondo la mia mentalità, è così. Non esiste un sistema giusto e universale da riversare dentro il cervello dei bambini.

Tra le altre cose, io ero rimasto dell’idea che non importa se giusta o sbagliata, ma ci vuole un’educazione, magari anche repressiva, purché coerente, in modo tale che poi, crescendo, uno possa decidere, nel caso, di rifiutarla. In questo testo che ho visionato io, invece, e come mi faceva notare anche la giovane madre, si spiega agli studenti che la pubblicità è condizionante e poi gli stessi vengono invitati a progettarne una. Mi è oscuro il senso di tutto ciò. Come svelare la presa in giro del fenomeno Ferragni e poi invitare ognuno a dimostrare le sue doti di influencer. Mi sfugge inoltre perché si debba insegnare a uno come essere assertivo, a imporre sé stesso – salvo poi spiegargli che le emozioni vanno sapute controllare. Qualcuno aveva forse spiegato a Giacomo Leopardi cosa pensare di sé stesso? Beh, mi pareva che, per quanto potesse essere ben considerato in certi circoli intellettuali, la sua cupio dissolvi fosse alle stelle. Non so, poi, come avrebbe reagito Franz Kafka a una lezione di autostima. Forse, non avrebbe mai scritto un rigo.

Il manuale del Catechismo, o degli Alcolisti Anonimi? No, ma un opuscolo distribuito e presentato a dei bambini di scuola elementare

Scherzi a parte, la verità è una sola: il Sistema prepara, come vediamo bene anche nel caso della pandemia, alla costante medicalizzazione di ogni aspetto della vita dello studente. Durante il percorso scolastico, in tal senso, ogni atteggiamento che non sia immediatamente inquadrabile in una serena e pedissequa adesione al codice comportamentale, diviene anomalia e, pertanto, richiede il supporto di una serie di specialisti. Per non parlare in astratto: se due bambini si scambiano quattro schiaffi – cosa normalissima a quell’età – non devono semplicemente essere ripresi dall’insegnanti e, alla peggio, sanzionati. L’atteggiamento del prevaricatore sarà indicato con un termine preciso – bullismo – e ci si accerterà che esso venga dipinto proprio come una patologia grave, o meglio una perversione, da curare a mezzo di psicologi, psichiatri, pedagoghi. Qualsiasi disagio rispetto a quella che dovrebbe essere una situazione lineare e da accettare con acquiescenza non sarà visto come un individualità che emerge, uno spirito critico che si manifesta, o semplicemente come sano malcontento di fronte a quella maleodorante promiscuità che è la classe, ma come una disfunzione da sanare con figure professionali, riconosciute dal sistema di istruzione e investite di autorità, che cureranno e rimodelleranno gli animi più riottosi e problematici.

Ecco a voi il “Patto educativo di corresponsabilità scuola primaria e secondaria”. Roba da Unione Sovietica.

Non stupisce, partendo da questi brevi spunti di riflessione, che vada diffondendosi nel mondo occidentale e, per quel che ci riguarda in Europa, l’idea che i figli non appartengano ai genitori, ma allo Stato. Un sistema di stampo sovietico si fa sempre più largo, ogni giorno, in modo silente e strisciante, tra noi. Il controllo diviene capillare, come si vede anche nel “Patto educativo di corresponsabilità scuola primaria e secondaria” che è stato chiesto alla mia lettrice di firmare – richiesta giustamente respinta dall’interessata. A prescindere dalla inquietantissima formula burocratica, ci si potrebbe chiedere per esempio in cosa consista questo “supporto psicopedagogico da fornire alle famiglie per la gestione dei vissuti stressanti e traumatici”. Cosa faranno? Proporranno ai bambini di cantare Bella ciao per rilassarsi? Pardon, quello già lo fanno, mentre Stalin sorride soddisfatto.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. A ottobre, sarà nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

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