UCCIDO DUNQUE SONO – (di Stefano Bonacorsi)
La vicenda di Antonio De Marco, così come l’omicidio di Willy Duarte, riporta alla mia mente quando ho redatto la tesi di laurea, intitolata “Mass Media e Rappresentazione della Criminalità”. In quelle pagine ipotizzavo come in un contesto mediaticamente esposto il criminale poteva passare da un lato all’altro rispetto al banco degli imputati.
Mi spiego. Oggi, sull’euforia dell’indignazione e degli apparenti futili motivi, Antonio De Marco è già dietro le sbarre con la chiave buttata. Ma De Marco, perché a chi scrive non piace entrare in confidenza con i personaggi pubblici, proprio come raccontano le cronache di questi giorni, è uscito dall’anonimato. Un perfetto sconosciuto, timido, impacciato e potenziale serial killer, anche se appare pure maldestro, è salito agli onori della cronaca.
Si sprecano pareri criminologici, si parla di personalità narcisistica e borderline. Si fa cenno alle colpe di una società che finisce per frustrare ed escludere, e torna alla mente il “discorso ai capelli” di Pasolini. Si sintetizza la banalità del male e si potrebbe tirar fuori Jhonny Cash con la sua “Folsom Prison Blues”: ho ucciso un uomo, soltanto per vederlo morire.
E se invece De Marco avesse voluto prendersi la scena? E se la continua ricerca di fenomeni mediatici su cui buttare tonnellate di inchiostro avesse bisogno di uno come lui, ai margini della vita social? Perché se l’omicidio Duarte, da parte della gang capitanata dai fratelli Bianchi, già noti su Instagram al punto da lasciar immaginare un alibi del tipo “sono famoso, quindi sono innocente” era fatto da persone già mediaticamente esposte la cui notorietà potrà far comodo ad avvocati e giornalisti (con buona pace di Willy Duarte che non avrà mai giustizia); qui siamo di fronte a un caso apparentemente opposto, ma che è l’altro lato della medaglia. La gang dei fratelli Bianchi era già nota, De Marco no, ma entrambi, in modalità omicida, hanno ottenuto notorietà.
Ora la domanda è, la giustizia farà il suo corso, o la cronaca devierà i suoi riflettori come avvenuto per gli delitti Marta Russo, Cogne, Perugia e plastici di Bruno Vespa andando?
Perché se parliamo del profilo criminale di De Marco, ci scordiamo delle sue vittime Daniele De Sanctis ed Eleonora Manta. Se concentriamo il focus sui fratelli Bianchi ci dimentichiamo soprattutto di come hanno ucciso Duarte. Così come quando si parla di Fabrizio Corona, ci si dimentica della lunghezza della sua fedina penale.
Attenzione dunque a come girerà la cronaca nei prossimi giorni, potremmo avere brutte sorprese. Un’opinione pubblica assuefatta non si accorgerà che due giovani trucidati sono stati dimenticati, per cercare di capire l’abisso del loro assassino.
E’ il fascino di Hannibal Lecter, il pluriomicida seriale protagonista de “Il silenzio degli innocenti”. Tanto spietato e crudele ma tremendamente affascinante perché, in qualche modo, riesce a passare per vittima.
Stefano Bonacorsi