QUANDO CI SARA’ LA RIVOLUZIONE (di Franco Marino)
La domanda più ricorrente quando spiego l’inevitabilità di una rivoluzione è “Quando ci sarà? Chi la farà? Come?”.
Gli italiani, in altri rami geniali e creativi, di fronte all’argomento “rivoluzione” arrivano profondamente impreparati perchè sostanzialmente non ne hanno mai conosciuto una. La famosa Marcia su Roma fu in realtà una scampagnata concordata col re e avvenuta sotto il controllo dei Carabinieri che avrebbero tranquillamente potuto soffocarla nel sangue. Inoltre fu patrocinata dalla Gran Bretagna che, temendo l’avanzata bolscevica seguita alle tensioni sociali postbelliche, capì che se non si fosse creato un movimento politico in grado di mettere temporaneamente d’accordo capitale e forza lavoro, il socialismo reale sovietico avrebbe rovesciato l’ordine politico italiano. Analogo percorso – un po’ più tardi – avvenne in Germania.
La stessa Resistenza, col suo armamentario retorico, non fu una vera rivoluzione ma un grosso grumo di opportunisti che, non appena sentirono il fascismo puzzare di cadavere, si schierarono subito dalla parte del nuovo regime.
Questi riferimenti storici vengono citati proprio per spiegare come manchi negli italiani l’elemento della rivoluzione intesa come creazione di un progetto di sovversione politica finalizzato a rovesciare un potere che invece è saldamente al suo posto e occupa ogni mezzo di propaganda e di gestione delle proprie forze.
Una rivoluzione non nasce dal nulla ma richiede condizioni ben precise.
Un’idea di società alternativa che discende dalla reale comprensione della società attuale, un leader interessato personalmente a farsene artefice, una cospicua truppa di persone che abbiano interesse a seguirlo e una copertura internazionale da parte di alleati interessati, per un motivo o per l’altro, a sponsorizzarla.
L’idea di società parte dal presupposto che il leader riconosce come elemento fondativo del regime da combattere e dunque quale visione delle cose implementare.
Sull’interesse delle persone la questione è semplice: sempre più italiani si stanno impoverendo, sempre più persone vedono ciò che hanno conquistato in forte pericolo, contrapposto all’ansia per un futuro tutt’altro che sereno, sempre più persone stanno accumulando rabbia sociale. Esiste un potenziale esercito di persone che non arrivano alla fine del mese o che un mese presso cui arrivare nemmeno ce l’hanno perchè non hanno un posto fisso. Ma non bastano. Occorre anche una borghesia colta che sappia sostenerla. Se un regime ha il consenso della borghesia, può fare qualsiasi cosa. E’ quando la borghesia dà le spalle ai regimi che essi cadono.
Sulle coperture internazionali la situazione è molto più complessa. La politica degli Stati Uniti, che peraltro sono i principali colpevoli di questa situazione, si divide tra il deep state che vuole continuare ad esportare un modello ancor più aggressivo di finanziarizzazione dell’economia reale, di smembramento identitario degli altri paesi e dunque sull’eccezionalismo imperialistico americano e il trumpismo che è sostanzialmente l’ideologia dell’isolazionismo. La Cina non può essere certo un modello, dal momento che è un imperialismo ancor più brutale e pericoloso. Resta la Russia, che tuttavia non ha nè la voglia nè la forza di aiutare altri paesi a liberarsi dal giogo americano, convinta com’è Putin che sia solo questione di tempo prima che gli USA cadano.
Quanto al leader, qui ci si ricollega al discorso delle persone interessate a seguirlo.
L’uomo essendo un animale sociale, tende ad aggregarsi con altri suoi simili nella convinzione che da ciò ne trarrà un vantaggio. Ma in ogni gruppo sociale, umano o animale, tende a formarsi una leadership instaurata da un elemento alfa che prende l’iniziativa di trascinarsi gli altri. Se anche tra i detenuti si instaura una gerarchia è perchè l’architettura del sistema nervoso umano che funziona così.
Di solito si ama dire che gli italiani dovrebbero ribellarsi ma non lo fanno e si dimentica che la ribellione ha bisogno di un leader che abbia lo spirito di iniziativa e l’interesse a promuoverla.
E l’interesse spesso risiede nelle condizioni in cui esso si trova.
Hitler era un orfano che ad un certo momento si trovò ad un bivio: rassegnarsi ad un’esistenza da parassita che vivesse alla giornata oppure sfruttare la propria naturale affabulazione per catturare consensi, giocando d’attacco e porsi alla guida di una nuova società. Aveva un’idea di società, criminale, ma la aveva. Sfruttava un ceto medio in gravissima crisi, aveva le coperture internazionali (Stati Uniti) e l’interesse personale. Ed ecco il nazismo. Ma queste condizioni furono anche la base del crollo successivo del nazismo.
Una rivoluzione non è una questione di nazioni predisposte o meno ma una congiuntura che unisce le succitate specifiche condizioni socioantropologiche.
Quando si coniugano la visione della società, le condizioni sociali, le coperture internazionali e l’interesse del leader a promuoverla, la rivoluzione è pronta.
FRANCO MARINO
Ottima analisi, come sempre e’ un piacere leggerti
Dici bene, come sempre. Personalmente faccio la mia piccola rivoluzione giornaliera… no , non so più nemmeno scherzare 😢. Sei un caro amico da anni , non permettere mai a nessuno di cambiarti ! Grazie di tutto , grazie di questa considerazione , che condivido !