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PIANO CON I SOLITI SOCIOLOGISMI – DI CHI È LA COLPA DELLA MORTE DI WILLY? (di Lorenzo Zuppini)

La società non esiste perché esistono gli individui. Sulla tragica fine di Willy Duarte non ho voluto leggere niente perché so già tutto. E tutti lo sappiamo, sebbene questi siano casi ghiotti per certa sociologia impegnata a scrivere inutili faldoni, buoni solo a farci poi precipitare nella dietrologia antifascista più grottesca, la narrazione per cui ogni atto violento è di matrice mussoliniana poiché il fascismo – naturalmente eterno – è la rappresentazione più concreta e reale della violenza del mondo. Dunque, chi ammazza di botte un ragazzo, dopo aver spadroneggiato gli ultimi anni nel quartiere, non può che esser amante del regime. I fratelli Bianchi non si sono mai schierati apertamente dalla parte della lotta alle disuguaglianze, dell’accoglienza accattona, del pacifismo ideologico, del blacklivematterismo più truce, perché in questo caso la loro posizione sarebbe diametralmente opposte. Se fossero assidui lettori di Gomorra, non sarebbero oggi sul banco degli imputati di un paese che viene accusato di essere intrinsecamente fascista, nelle sue più profondi radici – che termine fascista che ho usato – sino alle sue più alte foglioline. 

Il pubblico ministero, as usual, è chi non ne sa un tubo di niente, in questo caso la coppia Ferragnez, come amano chiamarli i fans accaniti. Viene da domandarsi come si debba reagire a insinuazioni fondamentalmente prive di fondamento come le sopracitate. Personalmente, tutta questa pubblica accusa casinara e garbatamente antifascista ti fa solo venir voglia di diventare fascista, qualsiasi cosa questo significhi. Un po’ come nel film Carnage, quando il cinico avvocato interpretato da Christoph Waltz, durante un litigio con la signora politicamente correttissima impersonata da Jodie Foster, prorompe in un liberatorio “l’altro giorno ho visto un programma alla tivù con la sua paladina, Jane Fonda: alla fine volevo iscrivermi al Ku Klux Klan”. 

La sociologia impegnata non può spiegare quanto accaduto a Willy Duarte, perché la tragedia sta nel senso delle cose e addirittura della vita. Si chiama cattiveria, e la costernazione stralunata è di cattivo gusto poiché indica l’incapacità di affrontare l’uomo per quello che è. Si tratta di persone nate in un contesto di grettezza e ignoranza che porta a sottovalutare i loro comportamenti delinquenziali, e che non contempla minimamente l’ipotesi di farsi una vita lavorando e impegnandosi in qualcosa di sensato, come aprire un libro. Se avessero aperto e letto un testo di quelli giusti – non Gomorra, per intenderci – avrebbe appreso che esiste un altro tipo di anticonformismo ben più intrigante e ben più appagante che tende ad andare in controtendenza rispetto alla vulgata che opprime la libertà individuale. Ciò non è accaduto, e loro avevano successo anche grazie a questo. Fatevene una ragione, care femministe: quel prototipo di maschio piace molto a una certa fetta del gentil sesso, e questo seguito ha senz’altro spinto i fratelli Bianchi a proseguire sulla strada della cattiveria e della prepotenza. 

Ciò che i sociologi non vi diranno è che ad una espressione di cattiveria così pura e genuina si può e si deve anche rispondere autonomamente. La lezioncina sul non reagire alla violenza con altra violenza svanisce nel momento in cui viene presa coscienza che i primi a doversi interessare alla tutela della propria vita, e direi anche delle proprie cose, siamo noi stessi, noi persone comuni che tendenzialmente abiurano l’uso della forza per risolvere le controversie. Lo Stato non può tutto. Anche perché è probabile che il paese finisca nelle mani di governi che, come accade oggi diffusamente negli Stati Uniti, depotenziano ideologicamente le forze dell’ordine riducendole a un numero identificativo. 

Ciò che i sociologi non vi diranno è che le redini del futuro sono nelle mani, prima di tutto, di ognuno di noi. Male che vada, la Ferragni ci taccerà di fascismo. Sai quanto ce ne frega.

Lorenzo Zuppini

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