L’EDITORIALE – CONCITA DE GREGORIO E BIANCA BERLINGUER, DUE DONNE IN LOTTA CONTRO IL NULLA (di Matteo Fais)
Che stress, oggigiorno, dialogare con una donna. E, per fortuna, che nessuno mi ha mai sentito parlare con le ragazze che mi aiutano a correggere i miei scritti. Scherzosamente, ma ci vado giù pesante. Voglio dire: di “oh bagassa” ne prendono a nastro. Ci ridiamo su. Io poi rincaro: “Ma come ti permetti di contraddirmi? Sei una donna, quindi taci”. E quando replicano dandomi del cornuto, io rispondo “E certo che lo sono, voi siete tutte zoccole”. Prima o poi, ne sono certo, non si potrà più neppure scherzare telefonicamente, perché entrerà in funzione un filtro, tipo il ban di Facebook, che interromperà la comunicazione se dai a una della mignotta, anche solo per fare lo scemo in amicizia.
Scherzi a parte, è tragico il casino che è montato per i due casi che vedono coinvolti Alessandro Sallusti e Concita De Gregorio, Mauro Corona e Bianca Berlinguer. Il primo è proprio ridicolo. Il Direttore di “Il Giornale” ha chiamato l’ex Direttrice di “L’Unità” per nome, dandole del tu, come si fa di solito tra colleghi. Non andava bene. Sessismo, perché con tutti gli altri, i maschi, aveva usato il cognome. Che due palle! Proprio boldrinismo di bassa lega – io, come Laura potrà ben notare, ho usato il cognome per coniare questo neologismo.
Leggermente diverso quanto accaduto tra Corona e la Berlinguer, il cane e il gatto della televisione italiana – ma dire cane e gatto è per caso sessismo? Lo scrittore le ha dato della “gallina” e, poco ma sicuro, lo share è improvvisamente schizzato come il tappo dallo champagne a Capodanno. Proprio quello che desiderava Bianca – anche i fessi hanno capito che il Mauro Nazionale è lì per fare il boscaiolo burbero e la conduttrice lo sa bene.
Sta di fatto che, al netto dell’argomento sviante nel primo caso e della recitina televisiva nel secondo, questioni simili fanno discutere per mesi in questo benedetto Paese. Più o meno come l’esame di italiano truccato di quel calciatore – non so neppure come si chiami e non voglio saperlo. In strada, a notte, c’è da aver paura con tutta la gente extraitaliana che si vede a spacciare e i marciapiedi di periferia sono pieni di minorenni costrette a prostituirsi dalla mafia nigeriana, ma noi stiamo pensando al fatto che quello lì abbia comprato un esame – chissà quanti lo sono normalmente – e non riesca a coniugare i verbi se non all’infinito. Meglio non fare la stessa interrogazione ai parlamentari, o potremmo avere brutte sorprese.
Vedete, comunque, il problema dell’Italia è questo: noi pensiamo sempre ad altro. Sembriamo tutti seguaci della filosofia cantata da i Ricchi e Poveri in quella famosa canzonetta, Sarà perché ti amo: “Se cade il mondo/ allora ci spostiamo”. È ciò che, effettivamente, facciamo quotidianamente: gente che muore sul lavoro, padri di famiglia alla fame, scuole fatiscenti, scandali, caporalato, e noi ci accaldiamo per le desinenze e i vari “mi hai dato del tu, del te, della troia o della gallina”. Sì, è proprio come nella canzone: “Se il mondo è matto,/ che cosa c’è di strano?”.
Matteo Fais
L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. A ottobre, sarà nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.