L’ALBA DEI NON-PENSANTI – (di Davide Cavaliere)
“Si tratta di voyeurismo pornografico? No, quello che la gente davvero brama non è sesso, ma spettacolo della banalità, che è il vero porno di oggi, la vera oscenità – quella della piattezza, dell’insignificanza e della nullità”
Jean Baudrillard, L’agonia del potere
Sono le immagini a produrre le persone e non il contrario. Un adolescente del presente si plasma sulle immagini che osserva su Tik Tok e Instagram, fotogrammi che lo ipnotizzano e lo rendono quello che è. I social media impongono modelli, i giovani si adeguano. Ogni minuto della loro vita, giorno per giorno, le aziende digitali lavorano per devastarne il cervello. Le nuove generazioni assimilano, passivamente e acriticamente, un mare di spazzatura, cazzate, musichette, moda, balletti e culi.
I cosiddetti “nativi digitali” sono, in larga misura, automi fabbricati in serie dei social network. Greggi umani intellettualmente desertificati e incapaci di intrattenere una relazione diretta col reale, poiché tutto è mediato dal virtuale. Si recano in un luogo perché lo hanno visto in una stramaledetta “stories”, vanno al cinema a vedere un determinato film perché è apparso in un Tik Tok o agli Uffizi per via della Ferragni. Al tempo stesso, sono incapaci di non fotografare o riprendere ciò che li circonda. Sprecano attimi brevi, ma numerosissimi, a documentare ogni loro attività. Sono avvitati intorno al proprio ego, tutto diviene un’occasione per mettersi in vetrina, per suscitare curiosità o invidia nel prossimo. Vedono il mondo solo nell’istante in cui lo fotografano o riprendono.
Il loro cervello è stato allenato a ricevere solo stimoli rapidi e impressionanti, tutto ciò che supera il limite temporale di una “stories” non sono in grado di afferrarlo. Anche il loro linguaggio ha subito un depauperamento spaventoso, si esprimono mediante un lessico formattato dai social, piatto e alienante. La lettura è un’attività preclusa ai figli della digitalizzazione dell’esistenza. Leggere un componimento di Leopardi, un dialogo di Platone, un capitolo di Proust o un racconto di Mann, significa avvolgersi nel silenzio, concentrarsi solo sulla pagina ed è un ozio che necessita di una formazione linguistica e storica pregressa. Quanti sono nati e continuano a crescere immersi nella spazzatura del web, ammesso che siano capaci di farlo, evitano di leggere.
La vita “nel social” è il mondo “vero” e scambiano ciò che osservano dal telefono per la realtà. La ricchezza e la bellezza fisica continuamente esposte sui social, generano una forte invidia e un malessere profondo in chi guarda. La mente degli utenti subisce un’effrazione da parte delle immagini, che si impongono alla mente e provocano dipendenza. I contenuti digitali, le foto soprattutto, sono “iper-reali”, ovverosia modificate dalla volontà dell’autore. La pelle può diventare più luminosa, gli occhi più grandi, le labbra più rosse, la dentatura più scintillante… ed ecco che avviene l’inversione: io sono quello della foto studiata e alterata, non quello riflesso dallo specchio. La relazione con me stesso subisce una deformazione, mi penso in modo edulcorato e idealizzato. Ritorna ciò che si diceva prima: sono le immagini a costruire le persone, non il contrario.
Passare il tempo a contatto con la merce scadente di Instagram e Tik Tok equivale a mutilarsi l’anima. Le generazioni che vengono saranno composte da invalidi dell’intelletto e dello spirito.
Davide Cavaliere