IL PADRE È MORTO E NOI MASCHI SIAMO ORAMAI INUTILI – LA TRAGEDIA FAMILIARE IN UN MONDO LIQUIDO (di Matteo Fais)
Mi manda un messaggio un caro amico di Facebook. Ogni tanto ci si sente per scambiare un’opinione, o semplicemente un saluto. È un ragazzo simpatico, reazionario e bontempone come me. Stiamo ai due estremi dell’Italia, ma ci sentiamo moralmente vicinissimi.
Nel vocale su WhatsApp, mi dice di essersi lasciato con la ragazza. La ricordo, vedevo sempre le loro foto insieme. Mi sembrava tutto sommato una brava figliola. Lo seguiva, gli stava dietro, lo coccolava. Persino lui, dopo un passato da gran filibustiere, si era buttato anima e corpo su questa femmina. Pochi social, chiuso Tinder. Vita non dico monastica, ma quanto meno appartata, di coppia. Non so se stessero per ore di fronte al camino, comunque ce li avrei visti bene – certo, poi, sono cazzi loro.
Sta di fatto che anche i due si sono lasciati. Triste sorte, ormai comune. Tutti si smollano. Su ogni relazione, per quanto seria possa sembrare, sembra essere impressa una data di scadenza.
Gli domando cosa sia accaduto per portare alla rottura. Molto semplice: a un certo punto, lei ha cominciato a insistere per avere dei figli. C’è da dire che il mio amico ha avuto un serio problema di salute. Ha rischiato di morire ed è rimasto per mesi in ospedale. Al momento, è ancora sotto osservazione e i medici stanno cercando di capire se potrà avere o meno una buona aspettativa di vita. Potete immaginare l’ansia.
In tutto ciò, niente da fare, la sua ragazza, arrivata ai trenta, si è svegliata che vuole dei figli – e non sente ragioni. Lui, giustamente, mi confidava di non sentirsela perché, al momento, teme per il suo futuro e, avendo perso il padre a quattro anni, sa bene cosa voglia dire crescere senza tale figura. Non vorrebbe far trovare il figlio nella medesima situazione.
Alla fine, comunque, la tizia ha imboccato la porta. Andandosene, gli ha lasciato lì il suo intento per il prossimo anno: restare incinta.
Non so voi, ma io trovo la cosa aberrante. Non parlo del fare figli. Quello potrebbe essere bellissimo. Il punto è perché prendere tale scelta. Trovando la persona giusta, mettere al mondo dei pargoli può avere un senso. Non capisco, invece, come si possano desiderare a prescindere. Sarebbe come vestirsi di tutto punto per restare in casa da soli, a guardare la televisione.
Purtroppo il nostro tempo è quello dell’individuo assoluto nichilista che non pensa in termini sociali, ma ultraindividuali. Il padre come figura è morta e, oramai – temo ancora per poco, dato il diffondersi dell’inseminazione artificiale –, il maschio serve unicamente per produrre sborra. In un mondo liquido, noi siamo una banca del seme ambulante.
La società va a rotoli, perché la famiglia non esiste più. Il fatto che oggi una – dopo essersi peraltro fatta ampiamente i cazzi suoi fino ai trenta-trentacinque – voglia dei figli, ma non “dei figli da” è sintomatico. Ci stiamo avviando verso il declino totale. Branchi di cazzi e vagine che avanzano pretese e le ottengono, quantomeno se se lo possono permettere. Immaginatevi che gioventù potrà venir su da genitori simili. Ho i brividi al solo pensiero.
Matteo Fais
L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. A ottobre, sarà nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.