QUESTA QUESTIONE DELLA PUBBLICITÀ SESSISTA VI È SFUGGITA DI MANO – SU MARTINA SMERALDI CHE RECLAMIZZA UN HAMBURGER
A un certo punto, a Cagliari, la città in cui abito, in Sardegna, comincia a circolare la voce di questa ragazza che è entrata nella scuderia di Siffredi. Gran fica, mi dicono tutti. Sennonché, vado ad aprire un qualcosa tipo Pornhub e digito Martina Smeraldi – ecco il nome della tipa.
Beh, onestamente, a me non pare sta foca intergalattica. Cazzi, poco ma sicuro, ne deve aver visti. Li maneggia e percuote con la velocità con cui la cassiera trova gli spiccioli per il resto e con lo stesso senso di noncuranza. Dal mio punto di vista, simula troppo. Non c’è partecipazione e, come diceva il poeta, parlando delle mignotte a Genova, nella città vecchia, “Dove sono andati i tempi d’una volta, per Giunone/ Quando ci voleva per fare il mestiere/ Anche un po’ di vocazione?”. Una troia deve essere troia – che sia moglie, o bagascia da strada –, altrimenti è solo una a cui il cazzo non fa più né caldo né freddo. Io ho il sospetto che la Smeraldi sia così: una ragazzina che vuole fare soldi, forse più esibizionista che amante della minchia. E poi quella faccia… Non so, non mi ispira. A me interessa la corruzione, ma non quelle che sono già corrotte. A una ragazza che sa fare i pompini per consuetudine e disinvoltura, preferisco sicuramente una brava figliola tutta casa e Chiesa che scopre, prendendolo in bocca, un piacere osceno che non riesce ad accettare. La prima, dal mio punto di vista è un’idraulicA del sesso, la seconda una che mi fa godere. L’erotismo è questo: vedo non vedo, mi fa godere ma non dovrebbe.
Insomma, mi guardo sto video con sborrata finale dentro… pardon, volevo dire creampie. Niente, mi eccita come la ricetta dell’insalata di polpo. La lascio al suo destino. Poi, di recente, una cameriere buontempone mi mostra sto video di lei che si sditallina in un locale, sempre a Cagliari, circondata da maschi decisamente accalorati. Beh, la fica nuda mi fa sempre un certo effetto, ma niente: continua a non dirmi nulla. Sarò diventato gay, ma ritengo che reciti in modo penoso – scusate, il penoso non era una battuta.
Sta di fatto che adesso, sul web è scoppiata una polemica del menga – questa era una battuta, invece – perché un locale, l’Old Square, che sta qui vicino a casa, le ha fatto girare la pubblicità di uno dei suoi panini con Hamburger. Niente di che. Quattro battutine, un’allusione al pornfood. E quindi? Ovviamente, le femministe mentecatte sono spuntate a grappoli. Sentite questa: “Nel 2020 è ancora possibile usare il corpo della donna come oggetto sessuale per vendere un panino. Cosa ce ne facciamo di una pubblicità simile? Cosa ce ne facciamo del fatto che l’attrice in questione è consenziente, e quindi col suo corpo ci fa (giustamente) quello che vuole? Niente, perché col suo corpo usato in questo spot il messaggio che manda è: io sono carne, non di più di quel burger che sto baciando simulando una fellatio. Sono carne e così continuerò a essere vista perché la mia presenza è finalizzata a far godere il pubblico maschile, a farlo avvicinare a un locale che strizza l’occhio ai maschietti arrapati…”.
E vai di malattia mentale, Cristo Santo! La Smeraldi ridotta a sola carne? Perché, scusate, quando succhia cazzi a go-go, di sua spontanea volontà, per la Bangbros ecc. a cosa si riduce, a un’intellettuale stile Simone de Beauvoir? La Smeraldi ha scelto, in vita sua, di fare la troia – sia detto senza offesa. È arrivata fino a Siffredi. Addirittura, è andata in America, a lavorare per le più grandi case produttrici di materiale per adulti, per ciucciare e farsi sborrare da Tizio, Caio e Sempronio. Direi che, presumibilmente, solo i ragazzi dell’Old Square non se la sono spruzzata, povere anime. Non capisco perché tanto casino e, in particolare, perché lanciare il boicottaggio contro il locale. La spiegazione penso sia semplice: le femministe sono persone deviate. La figa vende e la Smeraldi lo sa. Persino loro che si sono accanite contro questo spot sono interessate solo ad essa. Perché, invece di scatenare l’inferno, non hanno fatto pubblicità a un libro di poesia che non vende una sega, a un film di nicchia, o qualcosa di simile? Niente, a quanto pare anche loro tornano, con tutta la loro ignoranza, sempre e solo alla vagina. Madonna mia, che bordello per un Hamburger e due labbra che hanno visto più carne cruda di cazzo che altro. Ma sparatevi un vibratore in culo e lasciate in pace Martina e la sua libertà di succhiare quel che le pare.
Matteo Fais
L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. A ottobre, sarà nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.