INTELLETTUALI CONTRO – L’OPPOSIZIONE AL ’68 (di Davide Cavaliere)
Fin dalle giornate del Maggio parigino, numerosi intellettuali conservatori, e non solo, si sono scagliati contro quello che Ezra Pound definì “il ritorno del grande Pan”.
Anticipato dai moti di Berkeley del 1964, il Maggio francese di quattro anni dopo rappresenta la miccia della rivolta in Europa. I primi nemici dei sessantottini, dunque, non potevano che essere francesi. Primo fra tutti, il filosofo e sociologo Raymond Aron. Straordinario interprete di Tocqueville, Weber e von Clausewitz, Aron è un liberale realista, conservatore, deciso a difendere l’ordine gerarchico contro i “barbari inconsapevoli della propria barbarie”. È il primo a intuire che il Sessantotto non è una emancipazione “dal Capitale”, bensì “del Capitale” rispetto alla morale e alle strutture sociali vigenti. Il filosofo liberale denuncia il “nichilismo da esteti” e i suoi colleghi professori dell’università che, anche una volta, “si sono lasciati estasiare da testi adatti al massimo per le scuole elementari”. Aron capisce anche che il Sessantotto è un “simulacro di rivoluzione” proiettato verso il nulla, un surrealismo politico senza capo né coda, un utopismo chiassoso e adolescenziale destinato a peggiorare la società europea.
Lo scrittore e ministro gollista André Malraux, nel suo libro Le querce che abbattiamo, scrive: “Il dramma della gioventù mi sembra la conseguenza di quello che è stato chiamato il collasso dell’anima. È successo forse qualcosa di simile alla fine dell’impero romano. Nessuna civiltà può vivere senza un valore supremo. Forse nemmeno senza una trascendenza“. Malraux ha centrato il punto della questione, il relativismo e l’edonismo sfrenato dei contestatori non possono dar forma a nessuna civiltà, solo dissolverla in rivoli di desideri individuali. Il drammaturgo Eugène Ionesco urlava dal suo balcone ai ribelli: “diventerete tutti notai”. Aveva ragione. I rivoluzionari fasulli del Sessantotto sarebbero diventati finanzieri cinici negli anni Ottanta, politici attaccati al vitalizio o professori rispettabili.
In Italia, non mancarono le voci autorevoli avverse ai rivoltosi. Elémire Zolla diede alle stampe il suo capolavoro, Cos’è la tradizione, nel quale notava che l’assenza di una tradizione e di un retaggio culturale rischia di spalancare le porte a nuove tirannidi. Il filosofo cattolico Augusto Del Noce, in quegli anni, sferza il nichilismo contemporaneo che si esprime nella rivoluzione anarchica e gnostica del Sessantotto, che non riconosce valori supremi, che nega Dio, lanciandosi in direzione della società di mercato opulenta e pornografica. Il marxismo, specialmente nella sua variante libertaria, libertina, francofortese, dionisiaca, ha dato origine a un economicismo senz’anima. Scrive il filosofo nel suo capolavoro: «Dunque, alla realizzazione della pienezza e della libertà umana si è sostituito il processo di involuzione dell’uomo nell’animalità, cioè il nichilismo radicale. Espressione di questa borghesia soltanto tale, cioè di una società ridotta ai puri rapporti economici». Un viaggio dal comunismo al consumismo.
L’ex fascista e teorico della corporazione integrale, Ugo Spirito, profetizza la deriva individualistica e il ripiegamento nel privato dello spirito sessantottino. Al filosofo della “vita come ricerca”, la contestazione appare come una “metafisica del nulla”, un nichilismo al calor bianco. Lo scrittore Dino Buzzati e il giornalista Indro Montanelli stigmatizzano il ribellismo, il giovanilismo, la violenza dei contestatori, denunciando il nulla intellettuale che si cela dietro la retorica ciclostilata nei volantini.
Altri accessi oppositori furono il teologo Sergio Quinzio, lo scrittore Guido Piovene, la poetessa Cristina Campo, il filosofo Emanuele Samek Lodovici. Tutti, più o meno, intuirono che alle spalle del radicalismo di sinistra si spalancava un abisso di niente, un vuoto abnorme è il cuore del Sessantotto. Un’assenza che ha contagiato l’Occidente e contro la cui forza erosiva, ancora oggi, ci battiamo.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais, del giornale online “Il Detonatore”.