Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LE DUE ITALIE AI TEMPI DEL COVID: PRODUTTORI DI RICCHEZZA CONTRO PARASSITI FANCAZZISTI (di Franco Marino)

Da quasi vent’anni sono un imprenditore e nel paese forse più anticapitalistico del mondo dove, secondo la dottrina marxista, noi operiamo un furto ai danni della “classe operaia” e quindi andiamo spennati per redistribuire il frutto del nostro lavoro. Aggiungo che ho scelto questa strada nel periodo più difficile della storia del nostro paese, con un mercato asfittico, tutele sociali che si assottigliano sempre di più e le nuvole nerissime che appaiono all’orizzonte. Ciò nondimeno non mi pento neanche per un attimo della scelta fatta. Quando alle persone più vicine confesso in attimi di sfogo che quasi quasi ho la tentazione di tentare un concorso statale, costoro mi ricordano che io sono completamente incompatibile con qualsiasi forma di lavoro subordinato d’ufficio perdipiù in ambienti a socialità forzata. Con ragione.
Oltretutto, ho scelto un lavoro che amo alla follia. Ho la fortuna di alzarmi ogni mattino con la voglia di andare a lavorare, di produrre, di prosperare, di ingrandirmi se possibile.
Il covid-19 con le sue folli declinazioni terroristiche, ha rappresentato un freno a tutto questo. Ho vissuto due mesi da incubo perchè io vivo del mio lavoro. Non ho tredicesime, quattordicesime e ferie pagate. Se smetto di lavorare, smetto di percepire denaro. Questa botta l’ho superata perchè, per fortuna, se anche sono messo male a liquidità, in compenso sto benino a solidi. Ma anche un solido edificio, a furia di tirare botte, crolla. E io non sono incrollabile. Tutto ciò che ho è figlio dei risparmi di due onesti lavoratori e di una nonna che sapeva fare di conto e che dunque mi ha lasciato delle case dalle quali oggi traggo pigioni che mi consentono di resistere.
Nella mia condizione ci sono milioni di persone. Partite iva come me, di altri settori o del mio (informatica) che sono nella disperazione più totale e che dunque hanno scelto di ripartire nonostante i rischi. Non è incoscienza la loro. E’ che hanno capito che la scelta è tra due alternative. Morire di fame o morire per il covid19, con la differenza che di covid-19 si guarisce nella quasi totalità dei casi, di fame no. Si muore sempre.
Dall’altra parte ci sono dipendenti statali, disoccupati volontari – cioè gente che non fa nulla per guadagnarsi da vivere e che vive di sussidi – VIP e vipparelli più o meno affermati, gente che o campa di elargizioni di danaro che arrivano, fisse, a fine mese, esentasse, sul proprio conto. Con tredicesime, quattordicesime, ferie pagate, malattie – spesso inventate con la complicità di medici fiscali compiacenti – un posto di lavoro che – salvo cose gravissime – non si perderà mai, pensione assicurata e tutto l’armamentario della vita di Michelasso (magno, bevo e vado a spasso) che comporta poi un bieco conservatorismo dettato non dal buonsenso ma dalla volontà di continuare a vivere di rendite fisse a sforzo minimo.
A costoro non fregherà mai nulla delle discoteche che chiudono perchè per loro una discoteca è un servizio di cui si fruisce, non un’azienda che dà lavoro a decine di persone. A costoro non fregherà mai nulla di chi, nonostante abbia perso tre mesi di lavoro, se ne va in vacanza. Perchè per chi non lavora davvero, la vacanza è solo qualcosa da esibire e non un necessario sfogo dal burnout psicofisico che non è figlio solo della stanchezza fisica ma anche di quella psicologica. Perchè costoro non si sono mai dovuti conquistare la vita, giorno dopo giorno.
Ecco, se c’è una cosa di cui ringraziare il covid-19 è aver contribuito a delimitare in maniera sistematica quali sono le fazioni in campo. Da una parte coloro che hanno voglia di vivere e di lavorare, produttori di ricchezza che mandano avanti l’Italia. Dall’altra nullafacenti parassiti che campano di uno stato che per nutrirli è costretto a fare debiti e a rivalersi sul ceto produttivo e che tifano per il lockdown. Costoro non si rendono conto che il giorno in cui noi produttori di ricchezza finiamo di lavorare perchè stanchi di dover farsi spennare da un fisco avido e iniquo, fondato sulle deliranti teorie di Marx, loro finiscono di guadagnare alle nostre spalle.
Solo in quel momento capiranno che tutta quella pletora di virologi mediatici, di intellettuali da salotto, di umanitarismi col deretano altrui, non hanno fatto altro che segare il robusto ramo sul quale erano seduti, quello di un’Italia gioiosa e laboriosa che ha sempre lavorato per il piacere di lavorare, creare e produrre.
Mentre loro hanno lavorato – quando hanno lavorato – sempre e solo per percepire uno stipendio fisso a fine mese.

FRANCO MARINO

Un commento su “LE DUE ITALIE AI TEMPI DEL COVID: PRODUTTORI DI RICCHEZZA CONTRO PARASSITI FANCAZZISTI (di Franco Marino)

  1. Appartengo alla categoria del “posto fisso”, ma so cosa significa lavorare in proprio, rischiare, non disporre di tutele sindacali, non avere lo stipendio assicurato piova o sia sereno, goda di ottima salute o stia malato. Condivido pienamente quanto dici, anche a proposito di chi è stato abituato a vivere sulle spalle della società, anche quando non è più necessario, ma avvalendosi di furbizie e di disonestà

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