NON TORNEREMO PIU’ ALLA NORMALITA’ PERCHE’ NON ERA NORMALE (di Franco Marino)
Ho il privilegio di aver vissuto i primi quarant’anni della mia vita senza conoscere, almeno direttamente, l’esperienza di una guerra e della miseria. Ma, e questo è ancor più incredibile, mio padre, classe 1948, quasi sicuramente se ne andrà senza averne vissuta una e vivendo in totale agiatezza, con uno stipendio fisso e una pensione più che decorosa. E qui gli anni di vita sono settantatre. Un periodo che, senza scomodare la storia dalla comparsa dell’uomo sulla terra, è lunghissimo già solo se paragonato rispetto ai primi del Novecento e del secolo scorso, figuriamoci se lo parametrassimo alla storia di Roma o a quella del Medioevo. In sovrappiù, mai l’umanità aveva goduto di così tanti diritti. Da quello di parola, sino alla semplice facoltà di spostarci senza dare conto a nessuno di dove andiamo, di cosa mangiamo, di cosa facciamo. Mentre sino agli inizi del Novecento, con una sola parola fuori posto, si poteva finire in galera, morti ammazzati. Senza processo.
Questo ha inevitabilmente alterato la percezione della realtà. Da un lato abbiamo vissuto anni irripetibilmente dolci, sereni, tanto che al posto di veri e propri drammi esistenziali se ne sono creati altri su cui i nostri bisnonni si farebbero grasse risate. Ai loro tempi, il problema era uscire indenni da guerre che non avevano alcuna connotazione umanitaria e che, presentate come un dovere morale da svolgere per la patria, servivano, più che altro, a nutrire il narcisismo dei sovrani di turno. E così, ai drammi passati, quando si pensava a come evitare schegge e pallottole o più banalmente non ammalarsi di poliomielite, ne sono subentrati altri – la calvizie, il sovrappeso, la ninfetta che non vuole il maschietto appena giunto ai primi furori testosteronici – che per molti adolescenti odierni sono veri e propri calvari.
Se, così, da una parte possiamo dire di aver vissuto gli anni più belli, ancorchè poggiati sul vuoto come le case di Napoli, dall’altra abbiamo smarrito la transitorietà del benessere in cui viviamo, dei diritti di cui abbiamo goduto e di come la storia dell’umanità sino a poco meno di ottant’anni fa sia sempre stata una storia di lotta, di pericoli, dai quali non c’era alcuna tutela.
Niente come finire sotto il tiro di mafiosi internazionali, rispetto ai quali quelli con la coppola e la lupara appaiono ormai in tutta la propria fasulla sterotipicità, ci fa capire come il lockdown, col suo carico di limitazioni forzate e di miseria indotta, ben lungi dall’essere un provvedimento nell’interesse dei cittadini, sia il pizzo che boss senza nome stanno chiedendo in cambio di tutta la libertà e la serenità di cui abbiamo goduto.
Il rincoglionimento è stato conseguenziale. Oggi come oggi, gli italiani si sbranano in una guerra civile fredda che presto potrebbe diventare calda. Italiani contro italiani, leghisti contro antileghisti, vacanzieri e movidari contro moralisti, vecchi contro giovani, divisi su tutto tranne che dall’abbandono sistematico di alcune solari ovvietà che in questi ultimi cento anni hanno smesso di essere ovvie. Che per vivere bisogna mangiare e che per poter mangiare bisogna lavorare e che per poter lavorare bisogna uscire fuori casa e mettere in conto che si può morire non soltanto per un banale covid-19 ma anche per un comignolo che cade in testa o respirando polveri sottili che quando saremo vecchi si tradurranno in tumori polmonari. O per un banalissimo infarto. E che quindi preoccuparsi per un virus ha ben poco senso perchè ben poco senso ha vivere preoccupandosi di dover morire in ogni istante. E che se, dunque, si paralizza l’apparato produttivo di questo paese, ben presto non solo falliranno anche imprenditori, lavoratori autonomi ed esercenti ma anche tutto il caravan serraglio di moralisti da poltrona che, ogni giorno, sui social e sui media mainstream ammorbano questo paese e che probabilmente vivono di redditi minimi, di sussidi, di casse integrazione che si pagano soltanto producendo o facendo altri debiti. Perchè solo così si spiega la non comprensione di principi così ovvi.
E’ così che siamo arrivati a quasi tremila miliardi di debiti e ad un passo da una dittatura militare. Crogiolandoci su un benessere sociale e civile che non ha eguali nella storia, sostenuto da materie prime che non abbiamo e garantito da eserciti che non sono i nostri. E oggi, mutato il contesto geopolitico, stiamo pagando, tornando tutti quanti ad una serie di realtà che nessuno avrebbe mai neanche lontanamente pensato. Realtà ovvie, semplici, banali. Ad esempio che i diritti e il benessere hanno un prezzo e noi lo stiamo pagando tutto. O anche che quando le guerre si perdono, si pagano gravi conseguenze. Stiamo semplicemente pagando, con molto ritardo, gli effetti di aver perduto una guerra, per giunta nella maniera più ignominiosa. Se ciò non è accaduto prima è stato soltanto per la circostanza, del tutto fortuita, che gli Stati Uniti, vinta una guerra, avevano l’interesse di evitare che l’Europa Occidentale si facesse sedurre dai russi. Crollato il corpaccione sovietico, gli americani hanno lentamente ricominciato a riprendersi tutti i tesori donati ai paesi europei. Non solo danari ma anche diritti. O credevate che gli americani rischiassero milioni di soldati per la bella faccia nostra? Studiando la storia, applicando il buonsenso, ci renderemo conto che la libertà non è un regalo ma il frutto della paura del potere. Solo facendo paura al potere possiamo sperare di essere liberi. Che la prima regola è produrre ciò che si consuma e bastare a se stessi. Che non possiamo accogliere immigrati se noi per primi non abbiamo cibo e danari. Che non si può insultare la fame e le paure delle persone, senza che questo provochi delle conseguenze. Che avere un focolare è importante, dal momento che è stato proprio per non averne uno che gli ebrei sono stati massacrati ad Auschwitz – se fosse già esistito uno stato di Israele, con l’atomica e con il Mossad, credete che Hitler avrebbe fatto quel che ha fatto? – e che quindi lasciando rovinare il nostro focolare non ne abbiamo un altro di riserva.
Alle volte questo paese avrebbe bisogno di una guerra. Soltanto per capire quanto eccezionali e pregiate siano le cose che oggi disprezziamo, quanto sia necessario lottare, con ogni mezzo, pur di difenderlo. Abbiamo bisogno di aver paura di morire, di non sapere come arrivare sino al giorno dopo. Di vederci smembrati come patria, di vedere le proprie donne stuprate, di vedere i propri uomini venduti come schiavi al nemico, di vedere i nostri risparmi sequestrati. Solo così la pianteremo di interessarci alle tante baggianate che, come armi di distrazione di massa, il regime ci propina per dividerci ancor di più. Solo così capiremo che non ci sono pasti gratis e che ogni pasto ottenuto senza merito consiste nel rubarlo a chi invece lo ha meritato. Che la politica, men che meno quella internazionale, non segue le regole del diritto. Che il potere non ha alcun interesse che mantenere e perpetrare se stesso e che dunque nessun diritto, tra quelli che crediamo di detenere, è davvero gratis. E che la vita, la libertà e il futuro nessuno ce li regala ma dobbiamo andare a prenderceli noi.
La normalità come l’abbiamo conosciuta non tornerà mai più.
Perchè non era normale.
FRANCO MARINO
La cosa spaventosa è l’assoluta sordità del popolo di fronte ad evidenze come quelle citate. La mancanza spesso totale di approfondimenti, in qualsiasi verso essi fossero indirizzati, il commentare senza leggere. Ignoranza in buona fede e asservimento totale alla propaganda.
Tutto condivisibile e veritiero anche se molto triste! Pur essendo “giovane” lei ha capito molte cose…
Appartengo alla generazione di suo padre, avevo capito di essere stata fortunata!
I miei genitori hanno fatto sacrifici, con mio marito abbiamo fatto sacrifici, ci siamo creati un benessere che ora vediamo minato e in pericolo. Mi dispiace per i mei figli perché sono conscia di non essere in grado di preservarli dai pericoli incombenti!
Ragionamento ineccepibile che non fa una grinza.
Pazzescamente d’accordo con lei su tutto… Io ho 55anni quindi una mezza generazione avanti a lei
. E I miei genitori erano e sono del 1928…ho usato due verbi perché mio padre non c’è più.. Invece mia madre c’è ancora.. Compirà 92 anni il prossimo 17/11/2020…