L’EDITORIALE – RAGAZZE, NON POTRESTE SMETTERLA DI POSTARE FOTO DISCINTE PER VENDERE QUALSIASI COSA? (di Matteo Fais)
Apro Facebook. Scorro qualche post e compare sta tipa dalle bocce coperte a stento. È un annuncio sponsorizzato. Mi dico “Ok, vediamo cosa propone questa. Saranno massaggi corpo a corpo, cosette zozze”. Macché, viene fuori che è tipo una guida turistica. Vado a controllare la sua pagina. C’è lei dentro una chiesa, con le bocce bene in vista e Cristo sullo sfondo. Poi lei su una scogliera e le bocce, col mare dietro, che sembrano due grosse boe. E, ancora, lei in un museo – ovviamente, due quadri e le bocce. Minchia, ma questa si deve decidere, considero tra me e me: o fa la tenutaria di un bordello, o la guida turistica.
E non è la sola. C’è una musicista, una di queste nuove. Mi piace, canta bene, la ascolto volentieri. Solo che il grosso delle foto che pubblica sono tipo lei nuda con la chitarra davanti, lei bella scosciata mentre ascolta musica, oppure al mare in perizoma.
Ma come, sono trent’anni che mi svangano la fava con l’utilizzo strumentale del corpo della donna nelle pubblicità e poi ste ragazze mescolano tette e chiese, canzoni d’amore e culetti? Ma non è possibile. Perché questa estetica da camionista o da meccanico, da parte loro, poverine, se sono sempre in lotta col patriarcato e il maschio dominante? Io pensavo che fossero offese dal vedersi ridotte a “pezzi di carne”. Perché pubblicizzare i loro prodotti “culturali” con immagini non dissimili da quelle con cui, nel resto d’Europa, si reclamizzano i casini?
Resto interdetto. Ma un demonietto, dentro di me, si desta. Mi sussurra nell’orecchio. “Dai, non dire stronzate. Tu sei un gran lesso e queste delle furbacchione. Siccome va tanto di moda il femminismo, recitano periodicamente la parte, ma sanno benissimo che il sesso vende. Ti dico di più: quelle hanno mangiato la foglia e sono ben consce che senza la figa non avrebbero neppure un quarto del successo che hanno e, sostanzialmente, tengono voi maschietti per le palle, usando con spregiudicatezza il loro appeal sessuale. Amico mio, il loro è meretricio soft trasposto in ambito artistico. Come la passeggiatrice ti attira a lei esibendo le cosce per strada, così loro attirano la tua attenzione verso la loro arte col richiamo ancestrale di tette e culo”.
Zittisco lo spiritello maligno, lo censuro. No, non devo cedere a questi pensieri reazionari alla Andreotti, tipo che a pensar male si fa peccato, ma non si sbaglia quasi mai. Ma, niente, la mia museruola staliniana non deve aver funzionato perché, a quel punto, il demonio in persona mi manda, su WhatsApp, un’immagine della campagna di tesseramento del Partito Comunista. Si vede una ragazza carina e sorridente che mostra la tessera di partito. “Secondo te, cosa vuol lasciare a intendere questa immagine?”, mi domanda un Satana sghignazzante a mezzo di vari emoticon. “Non posso crederci”, gli faccio io. “Ma quindi, pure i comunisti utilizzano questi richiami sessuali per attirare nuovi tesserati? Mettono una tipa bellina come a dire che, se ti iscrivi, qualche pischella la rimedi, pure se sei un incel sfigato da centro sociale. Non ci credo, Satana, questa è opera tua”. “E svegliati”, mi replica lui, “ma non ti ricordi quando i comunisti pubblicizzavano ‘L’Unità’ con la foto di un culo?”. A voglia che ricordo!
Insomma, artiste, bariste, commercialiste che si fanno conoscere usando le tette. I comunisti che lottano contro la discriminazione e fanno intendere che da loro si rimedia sempre un po’ di figa… Peccato, avevo così tanta voglia di combattere il patriarcato.
Matteo Fais