DISCUTERE DI VIRGINIA RAGGI E’ COME DISCUTERE DI WRESTLING (di Franco Marino)
Come molti bambini sono stato un appassionato di wrestling, quando alle telecronache c’era il mitologico Dan Peterson. A quei tempi, credevo davvero che quegli energumeni si prendessero veramente a botte, che le faide che nascevano tra i vari lottatori fossero figlie di una reale rivalità e non parte di uno show che era finzione sin dall’inizio. Col passare degli anni mi fu adeguatamente spiegato che se quelle azioni fossero state eseguite davvero, uno si sarebbe pure potuto spezzare il collo e rimanerci secco.
Così progressivamente, i duelli verbali e fisici di Terry Gene Bollea contro Mario Poffo, entrambi di origini italiane e meglio noti rispettivamente come Hulk Hogan e Macho Man, persero interesse e oggi il wrestling non resta che un modo come tanti per rimembrare un’infanzia che si fa sempre più lontana, pensando non solo a chi era con me e non c’è più ma a come fossero diversi quegli anni da quelli attuali.
Ma lì l’errore fu a monte: non aver considerato che il wrestling è palesemente uno spettacolo dal tratto ironico e autoironico, senza alcuna pretesa di serietà, tanto che persino Trump, cioè l’uomo più potente del mondo, una volta disputò un incontro. Se guardato con quello spirito, può essere uno spettacolo anche divertente.
Oggi spesso e volentieri mi accorgo che quando parlo di politica, mi sembra sempre più di avere a che fare con un incontro di wrestling. Le dinamiche sono simili. I politici, come i wrestler, interpretano la parte dei buoni o dei cattivi, i tifosi parteggiano per l’uno o per l’altro lottatore, in un rumore di fondo che appare tanto più sgradevole quanto maggiormente, a differenza del wrestling, la politica pretenda di essere seria. Le decisioni prese nelle sedi istituzionali, spesso hanno implicazioni drammatiche per la vita di decine di milioni di persone e dunque se un discorso su chi fosse più bravo tra Hulk Hogan e Ultimate Warrior o tra Ted Di Biase e, buonanima, Andre the Giant verrebbe derubricato a puro cazzeggio, al tempo stesso discutere delle sorti della Raggi equivale a dissertare sull’ennesimo prodotto del teatrino della politica. Con in più l’aggravante di essere seria.
Se rimanessimo sul campo delle narrazioni, ci ritroveremmo a discutere di quanto sia scandaloso che quella che fu la capitale del glorioso Impero Romano sia affidata ad una palese incapace, quanto sia orrendo che una conventicola di sindaci e ministri ogni giorno, mentre distruggono la scuola, la sanità, l’economia, l’urbanistica, nel contempo vilipendano a turno la grammatica, la storia, la geografia e tutte le categorie dello scibile umano. Sempre rimanendo sul campo delle narrazioni, la conclusione a cui bisognerebbe arrivare è che prendersela con la Raggi dello sfascio in cui è ridotta Roma è ben oltre il ridicolo, in quanto la sindacA non fa altro che ereditare una città gravata da un cumulo di debiti e di lerciume criminale di cui è massima responsabile la medesima classe dirigente che oggi la sbeffeggia. E che analogo discorso potrebbe essere perpetrato anche nella politica nazionale, dal momento che la vittoria del Movimento 5 Stelle – sempre se credessimo nelle narrazioni – non è che l’estrinsecazione di un mix tra il “tanto meglio, tanto peggio” e il cupio dissolvi che sembra ormai aver pervaso l’intima natura del popolo italiano.
Ma poichè questa è una rivista che, per definizione, vuole fare “esplodere le banalità” – e le narrazioni sono SEMPRE banali – la realtà è che l’Italia è finita nelle mani di gruppi di potere che mirano alla sua distruzione attraverso la sistematica depauperazione morale e materiale delle sue risorse umane ed economiche e che l’affidamento alla classe dirigente grillina non è che un capitolo di questo percorso.
Discutere sulla Raggi, come scandalizzarsi per le gaffe della Azzolina, di Di Stefano e sulla terza media di Battelli, equivale a vedere il dito e non la luna. Era tutto stabilito a tavolino.
Roma non è che una declinazione di un disegno che parte da lontanissimo e che mira a ridurre sul lastrico l’economia italiana dopo che dalla fine della guerra al crollo dell’URSS si è regalato agli italiani e in generale ai paesi dell’Europa Occidentale un fasullo mondo basato su un benessere e su diritti transitori che, non essendoci più un contrappeso geopolitico da combattere, vengono progressivamene liquidati dai liberatori.
Se Roma oggi è ridotta male, se l’Italia è ad un passo dalla bancarotta, prendersela con gli incompetenti non ha il minimo senso perchè costoro sono soltanto la manovalanza, gli utili idioti di cui ci si serve per distruggere questo paese. In una situazione di questo tipo, discutere sulla Raggi non ha il minimo senso. E’ come discutere se fosse più forte Eddie Guerrero o John Cena. Cioè su spettacoli il cui esito, che vede in campo lottattori (le due t non sono un errore) è stabilito a tavolino.
Ciò che rende sgradevole la politica è che non si sta giocando con le fantasie di qualche ragazzino ma con le prospettive e la vita di milioni di persone.
Per essere ancora più chiari, si sta giocando col fuoco.
FRANCO MARINO
La vogliamo trovare una strada che ponga fine a questa, che sembra inarrestabile, deriva?