Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

FASCISTI CONTRO ANTIFASCISTI, LA FAIDA CHE AMMAZZERA’ L’ITALIA (di Franco Marino)

La stucchevole vicenda in cui è stato coinvolto Bocelli che, forse consapevole di aver innescato una bomba che avrebbe potuto farlo saltare per aria, ha ritrattato le sue considerazioni sul covid-19, hanno attualizzato la pericolosa deriva che il conformismo liberal sta esperendo ormai da diversi anni. La scomunica e il linciaggio morale di cui è stato vittima Bocelli, con tutto il contorno diffamatorio e la character assassination, sono un fenomeno che già si poteva leggere settant’anni fa su 1984 di Orwell, a proposito dei “due minuti di odio”.
Bocelli non ha detto niente di politico ma ormai è chiaro come i media mainstream abbiano cura di di praticare un’osmotica identificazione tra i negazionismi sanitari – quelli che ritengono il covid-19 una truffa – e il fascismo.
Avendo la fortuna di corrispondere con una professoressa settantenne, italo-argentina, che sa tutto della storia di quel paese, mi ha permesso di entrare in contatto con una minaccia che questa signora vede incombente, ossia il rischio che l’Italia piombi in una deriva sudamericana. E di come questa signora veda nel dibattito pubblico di oggi gli stessi prodromi che poi portarono Videla al potere. E dunque una specularità tra destra e sinistra – oggi declinata nel finto dibattito tra globalismo e sovranismo – tale che nessuno si rende conto, per ignoranza, della sistematicità con cui la sinistra radicale sega il ramo dell’albero su cui si è seduta, aprendo la strada alle destre. Che non saranno niente di simile al socialismo mussoliniano ma avranno la stessa dimensione che hanno avuto nei paesi latinoamericani: una dittatura liberista che distruggerà il cardine della società europea che è la socialdemocrazia liberale.


Da quando sono al mondo, e l’anno prossimo sono quarant’anni, sono alluvionato dalla faida tra fascisti e antifascisti. E se consideriamo che c’è chi è al mondo da molto più tempo di me e questa guerra fredda, che un tempo fu calda, se la sciroppa almeno dagli anni Quaranta, posso ritenermi tutto sommato fortunato. Ciò non significa che sia oziosa la discussione. Perchè se a cento anni dalla sua comparsa sul proscenio, sulle bacheche compaiono ancora nel giorno del compleanno di Mussolini auguri al Duce e in generale il tema della positività o negatività del fascismo divide ancora sessanta milioni di persone, rompendo amicizie pluriennali – in qualche caso anche parentele – e non solo sui social, ciò significa che il tema è ancora caldissimo.

Il fenomeno potrebbe avere numerose spiegazioni. La prima è che quel che è accaduto potrebbe ancora riaccadere. Anche se non ricordo chi fu a dire che la storia prima si manifesta sotto forma di tragedia e poi si ripete come farsa. Non mi aspetterei certo che Mussolini scoperchi la tomba di Predappio e riappaia al popolo come nel film satirico “sono tornato”.
La seconda potrebbe derivare dal paradosso di società europee che sono socioeconomicamente in tutto e per tutto fasciste. Affermazione enorme se pensiamo che la nostra è una Costituzione antifascista ma che va spiegata.

Va premesso che sul piano culturale, qualsiasi regime si afferma su un terreno già arato da fenomeni culturali. Il futurismo e il decadentismo, in apparenza così antitetici, erano in realtà perfettamente contestuali ad una “decadenza” della borghesia europea che era, già all’epoca, dominata dagli stessi virus che stanno portando alla rovina il tessuto culturale di oggi: cosmopolitismo esasperato e unanimismo mondialista (anche perchè il progetto di un’unica nazione mondiale già era attivo cento anni fa), umanitarismo, scientismo, positivismo. Nella loro dimensione più parossistica, gli intellettuali apparivano del tutto scollati dai problemi del popolo e fu su questo tessuto che quelle due correnti culturali si affermarono, dando dignità al fascismo stesso.

Ben più complesso è il discorso relativo al dato politico e cioè “perchè le società europee sono da definirsi come fasciste?”
Sicuramente viviamo in democrazie almeno formalmente tali. Ma l’impalcatura sociale segue pari pari i dettami fascisti – dal sindacato come ente di mediazione e non di lotta, al cosiddetto concetto di “parti sociali”, passando per l’università del welfare – ed anzi sono quei dettami ad aver fondato la struttura sociale attuale. Che concepita così com’è, è frutto del principio della terza via, al punto che oggi potremmo dire che le socialdemocrazie europee sono fasciste ma senza la forma di governo fascista. E al punto che Churchill disse con piena ragione che l’esperienza storica di Mussolini aveva avuto l’effetto positivo di inserire robusti anticorpi contro il bolscevismo. Quanto ciò fosse vero, lo si è visto col crollo del Muro di Berlino, quando le socialdemocrazie europee su pressione americana hanno cominciato ad essere smontate, tutte. E, come quegli stessi paesi che le smontavano, favorirono proprio con la comparsa dell’URSS, la nascita dei nazionalsocialismi. E ci si è resi tragicamente conto, per la proprietà transitiva, che così come la socialdemocrazia era un inganno necessario ad evitare sanguinose lotte di classe, espropri proletari, ed essendo il fascismo nato per questa medesima ragione, anche il fascismo – e si badi bene, non il socialismo mussoliniano, puro e onesto – era un inganno. Avvalorato da ciò che effettivamente poi è stato nei paesi latinoamericani ove, al riparo dall’espansionismo sovietico, il fascismo sudamericano mostrò il suo volto più violento e feroce. Che si sarebbe mostrato anche in Italia, una volta liquidata l’URSS.

La specularità tra fascismo e antifascismo è il corto circuito su cui oggi si fonda la sanguinosa guerra tra questi due fronti. Il nazionalsocialista in buonafede non conosce il carattere di transitorietà delle conquiste sociali del fascismo e come esse fossero solo un espediente tattico frattanto che le potenze atlantiche progettavano di distruggere l’URSS e non sa come le socialdemocrazie europee siano TUTTE società socioeconomicamente fasciste ma rette da sistemi politici formalmente democratici. Da par suo, l’antifascista ignora come tutto il benessere di cui oggi gode non ha assolutamente nulla a che fare con i valori dell’antifascismo ma col coito interrotto rappresentato dalla prima fase fascista. Potrebbe distruggere la narrazione fascista semplicemente spiegando come fascismo e nazismo nacquero ad opera delle stesse elite che oggi i fascisti dicono di voler combattere, nell’illusione che il carattere socialista del fascismo fosse strategia e non semplice tattica. Ma preferisce dedicarsi solo alla dimensione cosmetica della diatriba. Saluti romani, baffi, elmetto, moschetto, accento teutonico, orbace. Di cui poi si sente l’acre odore dell’invettiva contro chiunque non aderisca alla narrazione propinata.

Sul piano culturale, il fascismo si inserì nei buchi dell’ipocrisia che già il decadentismo descrisse in maniera formidabile negli anni che precedettero il Ventennio. Analogamente, i medesimi veleni che hanno ucciso la credibilità dell’ideologia antifascista, stanno facendo sorgere il dubbio in molti che se il fascismo in realtà era una dittatura, quella che rischia di affermarsi è un regime tirannico ancor più pericoloso.
Si giunge così alla conclusione che il fascismo non potrebbe esistere l’antifascismo e che l’antifascismo non potrebbe esistere senza fascismo. I membri dell’una e dell’altra rosa sembrano intenti a giocare a tennis con una bomba ananas che può esplodere da un momento all’altro uccidendo o menomando entrambi. E questo spiega perchè quando l’antifascismo scende in piazza, i fascisti salgono al potere per poi essere disarcionati dagli antifascisti che naturalmente faranno in modo di farsi odiare e di far rimpiangere i fascisti. In un meccanismo che, se non spezzato da una seria rivoluzione, si ripeterà ancora, più volte, con la precisione dell’orologio a cucù. Perchè sono due aspetti dello stesso fenomeno, cioè la presa di potere di un regime totalitario e l’abbattimento da parte di un altro regime totalitario. Finiremo di parlarne solo quando, come ne “La guerra dei Roses”, i due coniugi in guerra, durante l’ennesima colluttazione, non precipiteranno al suolo, ammazzandosi.

FRANCO MARINO

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