L’OCCIDENTE NON VUOLE GUARDARE IN FACCIA CIÒ CHE SI NASCONDE DIETRO ERDOGAN – L’ALTRA FACCIA DELLA NOSTRA DECADENZA (di Davide Cavaliere)
Il Presidente Recep Tayyip Erdoğan ha trasformato la cattedrale di Santa Sofia, per secoli una delle chiese più significative della cristianità, in una moschea. Si tratta di un affronto al Cristianesimo, che è uno dei pilastri della civiltà occidentale. Con questa mossa, Erdoğan ha tastato il polso dell’Occidente e non ha avvertito alcun battito cardiaco. Poche voci importanti si sono sollevate contro lo jihadismo del Presidente turco.
La Turchia è la nazione che incarna il revanscismo islamico contro il mondo occidentale. Una repubblica dell’odio che sorge dalla sintesi del nazionalismo genocidario del kemalismo e del fondamentalismo musulmano, un’ideologia che alimenta una poderosa struttura del terrore e della repressione. La Turchia moderna, fin dai tempi di Mustafa Kemal, riesce a sopravvivere soltanto attraverso la guerra e l’annientamento dei «nemici interni», identificati prima negli armeni e poi nei kurdi.
Erdoğan si è proposto come guida delle masse musulmane tradizionaliste, da sempre ostili al secolarismo imposto con la forza dal già citato Mustafa Kemal, e avviato una massiccia islamizzazione del suo Paese: ha liquidato i settori laici dell’esercito, dell’informazione, della burocrazia, ha costruito diciassettemila nuove moschee, rinvigorito la lotta contro i kurdi, sostenuto lo Stato Islamico in Iraq e Siria, inasprito le relazioni diplomatiche con Israele e favorito l’immigrazione clandestina in Europa. Trasformare Santa Sofia in una moschea è un segno importante del suo successo e una sfida simbolica all’Occidente.
La Turchia, così come l’Iran, l’Afghanistan, l’Algeria, la Libia, rappresenta il fallimento del secolarismo e del liberalismo nel mondo musulmano, oltre che il rifiuto dei leader occidentali di prendere sul serio la minaccia della jihad globale. In Occidente il Cristianesimo è stato marginalizzato e cacciato nella sfera privata, ma nel mondo islamico il processo di secolarizzazione non è avvenuto. L’Islam mantiene un ruolo totalizzante e alimenta un fervore religioso profondo e rabbioso. Come hanno osservato tutti i più importanti e realisti studiosi dell’Islam, da Bernard Lewis ad Ayaan Hirsi Ali, nella maggior parte dei paesi islamici, la religione rimane un fattore politico fondamentale. Dopotutto, l’Islam è una grande costruzione teologico-politica, in cui le leggi sono determinate da Dio.
Il laicismo occidentale è un paraocchi che impedisce di vedere la vera natura della Turchia islamica e di altre realtà simili. Ignoriamo il ruolo della religione e cerchiamo cause geopolitiche ed economiche all’espansionismo turco. Inoltre, l’odio di sé coltivato dall’Occidente ci porta ad accettare l’edulcorazione della storia islamica, sulle cui violenze viene steso un velo bianco e virginale. Addolciti dal multiculturalismo e dalla tolleranza masochistica, i politici e il clero occidentale si dimostrano indifferenti alla profanazione di una delle chiese più gloriose della cristianità, già parzialmente deturpata dai suoi primi conquistatori nel 1453.
Allo stesso modo, non passa giorno in cui non si sentano accese lamentele per la legittima annessione israeliana della Giudea e della Samaria, territori storici d’Israele. Ma mai sentiamo dei piagnistei per Cipro colonizzata dai turchi per quasi cinquant’anni o per la Grecia, provocata con costanza dall’esercito di Erdoğan. Peggio ancora, permettiamo alle moschee di sorgere nelle terre occidentali, presunti luoghi di culto che si rivelano essere centri di reclutamento e indottrinamento. Al tempo stesso, la Turchia vieta la costruzione di nuove chiese e discrimina i non-musulmani.
In Occidente si abbattono le statue considerate razziste, ma si tollera uno Stato razzista e clericale alle porte dell’Europa. Si condannano i «bianchi» per il passato colonialismo, ma si accetta il moderno imperialismo musulmano. La conversione forzata della cattedrale di Santa Sofia rivela un occidente che ha perso il «nervo civilizzatore». Una condizione che può essere definita con una e una sola parola: «decadenza».
Davide Cavaliere