L’EDITORIALE – VITTORIO, MOLLA L’ORDINE E VIENI A SCRIVERE PER NOI
Grandissimo Maestro,
hai fatto benissimo a mandare a fanculo l’Ordine. Che poi, ma chi sono quelli lì rispetto a te? Il nulla sommato al niente, il cui risultato sono gli articolisti di “La Repubblica”. Gente che, se la leggi da malato, ti dà il colpo di grazia. La noia è il solo metro poetico che conoscono.
Non so se lo sai, ma c’è un romanzo di Bukowski – si intitola Pulp – in cui il protagonista, un investigatore privato, incontra niente meno che Céline, il grande scrittore. Non sto lì a raccontarti i retroscena ma, insomma, nel libro si scopre che l’autore di Viaggio al termine della notte è ancora vivo. A un certo punto, il lettore incappa in questa divertentissima scena: “Quel tipo […] era fermo davanti all’edicola e leggeva una rivista. Quando arrivai vicino vidi che era il ‘New Yorker’. La rimise sulla rastrelliera e mi guardò. ‘C’è un unico problema’, osservò. ‘Quale?’. ‘Non sono capaci di scrivere. Nessuno’. Ecco, penso che qualcosa di molto simile passi per la testa anche a te, quando la mattina sfogli i giornali. Anche perché, il vero Bukowski del giornalismo italiano sei tu. La tua lingua è onesta, tagliente, diretta. Non certo rozza, come dicono. Casomai, traspone in modo mirabile l’urlo disarticolato dell’uomo della strada, frustrato da burocrazia, balzelli e stronzate politicamente corrette. Questo è scrivere, almeno sulla carta stampata: dare voce a qualcosa che cova e serpeggia tra le masse. Queste ti leggono perché si ritrovano, perché tu dici ciò che pensano come andrebbe detto. Loro non ce la farebbero autonomamente. Per questo esiste Vittorio Feltri.
Ma ti dicevo, hai fatto bene ad andartene sbattendo la porta. Sui giornali, oggi giorno, non ci si può più esprimere liberamente. Neppure sui social. Bisogna sempre ricorrere alla circonlocuzione, al doppio salto mortale lessicale. La gente non pensa né parla così. Neanche i giornalisti, perlomeno quelli che non sono a libro paga del PD. Dunque, non hai fatto bene, ma benissimo a mostrare loro un medio gigantesco. Ma chi sono per cacciarti via? Pensassero a come guadagnare la tua verve e quella prosa che ha stregato generazioni di lettori – gente che certi giornali li ha comprati solo perché ci scrivevi tu.
Vittorio, Maestro, ascolta, se ti dovessero voltare le spalle anche quelli di “Libero”, vieni da noi. Scrivi, per “Il Detonatore”, qualcosa che faccia bruciare di gastrite gli stomaci dei sinistri e mandacelo. Per noi sarebbe un onore. Quel poco di coraggio che abbiamo l’abbiamo imparato da te, dalla tua prosa senza fronzoli che colpisce allo stomaco come un cazzoto. E a noi piacciono i pugni, non le carezze ambigue, il linguaggio depurato ed edulcorato. Vieni a farci da Direttore. Siamo una banda di scappati di casa, ma sempre meglio degli incravattati che contano. Per noi resti un idolo, il migliore. E se i sinistri vogliono buttare giù la statua di Montanelli, noi vorremmo tirarne su una in tuo onore.
Matteo Fais