SOCIAL, PROGRESSISMO, CENSURA – NON SI PUÒ CONTINUARE COSÌ
Il mondo digitale dei social network non è opposto a quello reale, ne rappresenta un’estensione, lo ingloba e su di esso agisce. Sui social è in atto il medesimo processo di sanificazione che investe il mondo materiale.
Rimuovere un commento ritenuto offensivo, equivale a censurare un libro o una voce. Porre in essere dei dispositivi censori sulla Rete, non rende meno grave l’atto di silenziare un’opinione.
La rimozione dei commenti operata da Facebook non è neutrale, ma è uno strumento per mantenere e rafforzare l’egemonia culturale e politica del progressismo internazionale. La censura «algoritmica» prende, prevalentemente, di mira coloro che sono di Destra, tra cui i conservatori, i sostenitori dell’immigrazione controllata, gli scettici del cambiamento climatico antropogenico, i critici dell’islamismo, i sostenitori d’Israele, trattandoli come pericolosi nazisti e fomentatori di «odio».
«Odio» è la parola magica che attiva la scura censoria. Tutto ciò che si oppone all’agenda progressista è «odio» e, pertanto, va imbavagliato. Non solo i social network, ma anche le istituzioni finanziarie si sono unite alla «santa» caccia contro l’odio: Citibank ha concesso al gruppo sionista Israel Independence Fund un mese di tempo per lasciare l’istituto di credito. La holding bancaria Capital One ha cessato i propri rapporti finanziari con numerosi negozi di armi. MasterCard e Visa si sono rifiutate di gestire le donazioni destinate al think tank conservatore David Horowitz Freedom Center. PayPal ha sospeso gli account ai membri e ai donatori dell’United Kingdom Independence Party, il partito euroscettico di Nigel Farage.
L’invasione dell’ideologia progressista nell’industria finanziaria e in quella dei servizi digitali costituisce una terrificante nuova minaccia alla libertà nelle società occidentali.
Lo scorso anno, una clinica del Servizio sanitario nazionale del Regno Unito a Bristol, seguita da tutta l’inghilterra, ha annunciato che i pazienti che usano «un linguaggio, un comportamento o gesti di stampo razzista o sessista saranno contraddetti e ammoniti» in seguito, se l’atteggiamento dovesse persistere, le cure mediche saranno «sospese non appena staranno bene».
Quanto ci vorrà prima che i dipendenti del Servizio sanitario nazionale sfruttino questa disposizione per negare la fruibilità del servizio a coloro che criticano, giustamente, il concetto di «femminicidio» o l’immigrazione?
In futuro, i dati e le informazioni che gli utenti riversano sui social network potranno essere impiegati per punire idee «sbagliate» attraverso l’esclusione da alcuni servizi.
Un ristorante, un servizio di biglietteria, un’azienda di car-sharing, una compagnia di crociera, una catena alberghiera, un’agenzia viaggi, un mediatore immobiliare, un sistema di pagamento online, potrebbe decidere di escludere quanti, sulla base di una ipotetica «lista nera» redatta da Facebook o Twitter, abbiano espresso opinioni «criminali».
Chi decidesse di ospitare o assistere i clienti marchiati dallo stigma dell’«odio», potrebbe essere punito riducendo la sua visibilità o impedendogli di attivare inserzioni pubblicitarie.
I social network devono essere candidi e caramellati come la realtà, solo frasi e idee edulcorate dallo zucchero progressista. Se non avete intenzione di sottomettervi al discorso dominante, peggio per voi, sarete esclusi e marginalizzati, ma sempre in nome del «Bene».
Davide Cavaliere