“IL TUO È BODY SHAMING”: LETTERA APERTA, A MICHELA MURGIA, DELLA SCRITTRICE VERONICA TOMASSINI
Michela Murgia dovrebbe chiedere scusa a tutte le anoressiche del mondo, tanto per cominciare. La barricadera, però, deve prima divellere la trave dall’occhio, scansare il moscerino innocuo dei suoi molteplici interlocutori, che chiamerà fascisti casomai non rientrassero nel decalogo delle personcine perbene, da lei con zelo dato alle stampe per Einaudi, Istruzioni per diventare fascisti (la morale che il lettore guadagnerà, chiusa l’ultima pagina, faticosamente, gloriosamente, è questa: sei fascista? Senz’altro, altrimenti cerca la risposta dentro di te, che è tutta “sbajata”, direbbe il metafisico Celo di Guzzanti).
Io la vedo male persino per il povero Vecchioni. Chi glielo dice, adesso? Nel senso, dovrebbe perlomeno sistemare alcuni versi della canzone: “Voglio una donna con la gonna”. Qui il cantautore rischia grosso: “(…) Prendila te quella col cervello/ Che s’innamori di te quella che fa carriera/ Quella col pisello e la bandiera nera/ Che non c’è mai la sera(…)”.
A ogni modo. Dovrebbe chiedere scusa, invece belligera con Morelli, berciando qua e là, un vero tank della morale, crassa (nel senso di densa, concentrata, per estensione corposa) e purificata. La scrittrice sarda crassa (per estensione, eh?) e integerrima non chiede scusa, la fa fuori dal vaso e (simbolicamente, niente di personale) non pulisce mai, dopo. Proprio mai.
La querelle con Morelli non l’ho seguita, solo strascichi sui social. Giustamente, il poeta Andrea Ponso si interroga costernato: “La Murgia e Morelli, questo è il livello della ‘cultura’ in Italia? Ce lo meritiamo, merda e merda, che altro da dire?”.
In effetti, nulla, a parte che la sottoscritta, nel ruolo di pastorella/addetta alle pulizie, sta lavorando un po’ per ognuno, pulendo il vasino, da cui di solito esondano strepitose amenità.
Dispone le sue verità, la Murgia, ex operatrice di call center (è vera questa cosa?). La verità è una: la sua, sempre. Immagino bandiere nere sventolare dalla zattera in cui lei, barricadera, epica di qualcosa, traduce un certo terrorizzante veterofemminismo. Immagino la bandiera nera piazzata sul povero vetusto simbolo fallico dell’omino qualunque, che invano cercherà di recuperarlo. L’hai perso, amico, fratello. C’est la vie. Oppure: scegli la via dell’eunuco.
Intanto, dicevo, dovrebbe chiederci scusa, a me e a tutte le donne magre sul filo, a cui ha dedicato la definizione “Idea disgustosa di donna”. Lo scrive – dal suo scranno dove l’ortodossia murgiana può felicemente professare un body shaming pre-assolto, disinfettato, senza colpo ferire, come nel caso che segue. Lo scrive in seguito – a pretesto – di una copertina di Marie Claire, in cui campeggia una giovanissima diafana. Anoressica? Molto magra. La magrezza patita è un mostro dalle mille teste. La Murgia ci ragiona abbastanza da liquidare la questione con l’epigrafe “idea disgustosa di donna”.
Non ha mai chiesto scusa. Lo dovrebbe fare. Mi sento offesa, colpita, lo chiamo body shaming. Non trovo che la pratica messa in atto da lei sia diversa per brutalità, mancanza di empatia. Idea disgustosa di donna.
Chiedesse scusa. Intanto.
p.s. qui la lettera che scrissi alla sarda (non ha mai risposto, ovviamente)
1) Se non hai visto lo scontro con Morelli non puoi commentare ad minchiam;
2) Se non conosci la biografia della Murgia non puoi capirla;
3) E’ vergognoso che si spingano ragazze a diventare anoressiche (esempio nel campo della moda) inseguendo chissà quale mito. Penso che la Murgia intendesse questo. Anoressia e bulimia sono due patologie… c’è una bella trasmissione in tv su ragazzi e ragazze che lottano per superare questa malattia… dovresti guardarla 😉
1) se non conosci Veronica Tomassini, taci.
2) se non sai cos’è la “fame” dell’ anoressica o della bulimica, taci.
3) se hai e avete così tante certezze da sputare sentenze su tutto e tutti…. be’, non sei altro che un fascista.
Concordo con il commento precedente di Enzo. Prima di urlare al bodyshaming al contrario (operato da una eventuale Murgia a danno di corpi in sottopeso, magari a causa di anoressia nervosa) bisognerebbe capire se l’aggettivo “disgustoso” fosse rivolto a quelle persone oppure, più verosimilmente, ai canoni estetici che costringono la donna (anche non affetta da AN) a ricercare la magrezza a tutti i costi per sentirsi accettata. Questo secondo punto ha tutto il diritto secondo me di essere denunciato e pure aspramente, poiché l’istigazione alla magrezza o al portare determinate taglie o a rientrare in certi parametri è una realtà in molti ambienti. Lo dico con la consapevolezza che non sia l’unico fattore a determinare l’anoressia, e nemmeno il più rilevante, ma è innegabile che sia una patologia culturalmente situata nella nostra epoca e in determinate zone del mondo in maniera non casuale.