IL TRAMONTO DELL’OCCIDENTE – DI COME IL MONDO VERO FINÌ PER DIVENTARE FAVOLA
L’Occidente sta vivendo un tramonto assai diverso dalle profezie di Spengler, il cui opus magnum, va rammentato, risale al 1918. Dall’apice del liberismo tradizionale e imperialistico, Spengler ipotizzava una fine ben più gloriosa di quella, ripugnante, a cui stiamo assistendo. Al tedesco seguì Jean Raspail, che nel suo apocalittico Il campo dei santi (1973) ci ammonì, ma come ogni Cassandra che si rispetti restò inascoltato: l’epilogo non sarebbe stato l’esito ultimo di quei lineamenti di morfologia della storia cui si richiamava dottamente Spengler, bensì l’eccesso di filantropia. Concedere allo straniero gli stessi diritti che l’Occidente si era guadagnato nel corso dei secoli, tra lotte intestine e tuttavia sotto l’egida di una medesima Tradizione, avrebbe ineluttabilmente condotto – anche per ragioni demografiche – alla conquista della fortezza europea per mano dei barbari. Quegli stessi barbari a cui l’uomo bianco aveva agitato il vessillo della libertà, con la decolonizzazione, ingannando il Secondo non meno del Terzo mondo sull’era di prosperità – sorta di pax augustea – di cui le nazioni capitaliste avrebbero goduto.
Errore fatale. In primis perché alcuni fondamentali teoremi economici presuppongono che il lavoratore salariato, per il tempo devoluto al padrone, goda della sua retribuzione per poter in seguito acquistare quelle stesse merci che ha contribuito a produrre chiudendo il virtuoso ciclo del consumo. Fin dalle prime delocalizzazioni datate anni ’90, il ciclo si era a tal segno deformato allargandosi fino a comprendere proprio quelle nazioni che assistevano invidiose all’apogeo del benessere occidentale. Il lavoratore bianco, europeo o americano, viene pertanto a rischiare di perdere il proprio posto di lavoro perché la sua azienda locale antepone un costo di manodopera inferiore al benessere dei propri concittadini. L’azienda si fa, in toto, multinazionale: precarizza il lavoratore domestico – il cui costo di mantenimento riduce i margini di redditività –, che per conservare il tenore pregresso si indebita e facilita l’accesso al mondo del consumo a milioni di lavoratori di etnia e religione non sempre conciliabili con le tradizioni bianche. Il terzo e conclusivo chiodo, sulla bara del morituro Occidente, l’ha confitto la smaterializzazione del denaro – a far data dalla prima blockchain brevettata nel 2008, anno che coincide prodigiosamente con l’esplosione della crisi dei subprime made in USA –, esautorando di fatto le banche nazionali dall’essere le sole riserve di denaro autorizzate. Analogamente, la diffusione sempre più capillare dell’e-commerce che raccoglie e rivende quanto di più disparato, e verosimilmente prodotto sottocosto, parificando sulla carta i consumatori di tutto il mondo unito. Nuovo Ordine Mondiale? No, entropia sorvegliata.
Restava ancora un ultimo, decisivo passaggio verso il fondo: il rovesciamento delle gerarchie etniche e dell’atavismo sessuale. Ciò che per millenni aveva avuto il conforto della biologia e della storia – che come usava ricordare Churchill viene sempre scritta dai vincitori – è, oggi, oggetto di denigrazione, di ripudio. Brandendo il sentimento di colpa dell’uomo bianco per le carneficine perpetrate durante la Seconda guerra mondiale, si è lasciato campo aperto ai movimenti LGBT di “emancipazione sessuale” fioriti con il ’68 e così ben sostenuti dall’artiglieria pesante del Capitale, mediante i suoi brands più noti, per l’attenzione rivolta al sociale (si pensi ad Ikea ed ai cataloghi per famiglie non tradizionali), alla canonizzazione di Santa Greta ed alle lotte dichiarate in favore dell’ecologismo più radicale (che poi Toyota e gli altri produttori di automobili siano i principali sponsors della trasformazione “elettrica” del mercato è del tutto marginale). È il messaggio che vale oggigiorno, con buona pace di McLuhan. E il messaggio che risuona nei cortei eterodiretti – dal Capitale delle élites bianche – dei BLM, o dei comuni saccheggiatori, non è parità di diritti bensì distruzione del Diritto in quanto espressione della Legge, bianca nelle sue inconfutabili origini greco-romane, della cui debolezza hanno beneficiato proprio coloro che vorrebbero nuove divinità sugli antichi templi. Adorno, ben noto filosofo marxista omosessuale e propugnatore della “dialettica negativa”, errava per difetto: non è la poesia a essere divenuta impossibile dopo Auschwitz. È l’Occidente tutto che ha perso a Stalingrado, per dirla con Céline.
Luca Ormelli