COS’È REALMENTE IL NUOVO FEMMINISMO
Negli ultimi anni e con una rapidità impressionante, si è fatta avanti una perniciosa ideologia: il neofemminismo.
A differenza del femminismo del passato, le cui legittime rivendicazioni sono state accolte e realizzate, quello contemporaneo si presenta come rivolta gnostica che investe tutto il reale e ambisce a un rivolgimento totale della storia e della natura umane.
Il neofemminismo è un pensiero della caduta. Appoggiandosi alle mai confermate teorie storiche di Marija Gimbutas, sostiene che l’Europa arcaica fosse retta da una società matriarcale, pacifica, egualitaria e matrilineare. Con una cultura legata ai cicli della terra e del corpo, un simbolismo religioso connesso al femmineo e una struttura sociale poggiante sul mutuo soccorso, la cooperazione e il rispetto della natura.
La suddetta società, a causa delle invasioni dei popoli indoeuropei provenienti dal bacino del Volga, avrebbe lasciato spazio a una cultura guerriera, predatoria e patriarcale, cioè fondata sul dominio dei maschi, che avrebbe informato tutto lo sviluppo futuro della civiltà europea, dando origine al patriottismo, da «patria», «terra dei padri» e alla religione del Dio «padre» coi loro corollari tribali, militaristi, razzisti e, persino, specisti, ovvero discriminatori nei confronti delle specie non umane.
All’interno del neofemminismo, il patriarcato assume la forma del crimine primordiale, del peccato originale, sarebbe la tara genetica della civiltà europea. Alla luce del patriarcato, tutta la civilizzazione occidentale appare come un gigantesco errore a cui porre rimedio, una millenaria deviazione dall’armonia primitiva incarnata dalla società matriarcale e gilanica. Il patriarcato diviene la fonte di tutti i mali sociali: dalla disuguaglianza alla guerra, dagli allevamenti intensivi alla tratta degli schiavi.
Le nuove femministe si propongono di ri-femminilizzare l’Europa affidando il governo, in via esclusiva, alle donne e ponendo in essere «nuove narrazioni» che eliminino il «privilegio maschile». L’accantonamento della cultura europea e l’assunzione del potere politico-ideologico da parte di donne «illuminate» dalla dottrina neofemminista causerà l’estinzione del patriarcato e ristabilirà l’armonia originaria. La futura società matriarcale non avrà le strutture sociali originatesi del potere degli uomini: la famiglia monogamica, lo Stato nazionale, la religione monoteista, gli eserciti, le prigioni, il capitalismo. Sarà, persino, ricomposta la frattura fra esseri umani, animali e ambiente.
Il nuovo femminismo è gnostico poiché assume che il male provenga da fattori esterni all’uomo – il patriarcato – e, attraverso una minoranza di elette, mira a purificare la realtà e a dar vita a una società perfetta. Come ogni gnosticismo è intimamente totalitario. Il neofemminismo investe ogni ambito della vita dell’adepto, riorientando il linguaggio e la percezione. Per questa ragione le femministe appaiono, tutte, drammaticamente uguali tra loro. Vivono, per usare le categorie interpretative di Eric Voegelin, in una «realtà di secondo livello», completamente immaginaria, che le spinge a una lettura deformante delle relazioni sociali.
Uno dei pilastri teorici del femminismo post-moderno, la teoria gender, esprime in maniera lampante la vocazione gnostica di questa ideologia in rosa. La Gender Theory nasce negli Stati Uniti intorno agli anni Cinquanta, nell’ambito di studi clinici relativi a condizioni patologiche dell’identità sessuale, ma trova una sua precisa codificazione teorica nell’opera della filosofa americana Judith Butler, autrice del saggio Gender Trouble. Feminism and the Subversion of Identity.
Secondo la Butler, l’identità sessuale di un individuo non dipende dalla biologia, ma sarebbe una costruzione sociale prodotta da norme e modelli culturali imposti dalle tradizioni, dalla società e dalla famiglia. Norme che inevitabilmente tendono ad essere interiorizzate e, di conseguenza, percepite come naturali e «normali». Ormoni, testicoli, ovaie, pene e uteri scompaiono, lasciando spazio solo agli abiti sociali che vengono cuciti sull’individuo.
L’uomo originario, non toccato dal patriarcato e delle sue istituzioni, sarebbe asessuato e libero di plasmarsi secondo i propri desideri. È una grossolana riproposizione del mito dell’androgino primordiale, che si ritrova in diverse e numerose civiltà del passato. Solo, nel caso originario, l’androginia non è assunta in senso letterale, ma metaforico e simbolico. Al contrario, le femministe vorrebbero, davvero, riproporre l’originaria e mitica indifferenziazione sessuale, depurando l’educazione e la società da ogni rimando alla diversità sessuale: dall’uso del pronome neutro per riferirsi ai bambini, ai giocattoli e i vestiti unisex, fino al linguaggio non sessista.
Si palesa, nuovamente, la volontà gnostica di rigenerare il mondo e riportarlo all’armonia che precedeva la caduta nella storia. Le nuove femministe, ispirate dalla Butler, ma anche da Eric Fassin o Monique Wittig, non comprendono che la realtà, nella sue essenza più profonda, si fonda sulla polarità dei sessi. La distinzione uomo-donna è necessaria alla vita. Dall’identico, dall’informe, dall’uguale non nasce nulla. L’androgino del mito diventa il manichino unisex del presente, la punta estrema dell’umanità post-identitaria.
L’umanità purificata dalle scorie del fantomatico patriarcato sarà priva di patria e storia, sprovvista di famiglie e legami di sangue, asessuata, senza forma, ovvero de-forme. L’ambizione del neofemminismo è realizzare il pleroma del non-senso, dove tutto ciò che radica e fornisce un’identità sarà abolito.
Davide Cavaliere