TRA IL BAR E IL DISINCANTO – una poesia di Carla Viganò
Invito alla lettura di Carla Viganò di Matteo Fais
Oggigiorno, i poeti fanno di tutto per recitare la parte dei poeti, trascurando con tutte le loro forze di calarsi nella vorticosa congerie antropologica che li circonda. Non è questo il caso di Carla Viganò, la cui fantasia lirica è calata in un contesto così comune da far pensare al lettore “Ma questi versi li avrei potuti scrivere anche io”. Ed è in avamposti simili – il bancone di un bar, un supermercato, la via di casa – che possiamo immaginare la poetessa intenta a frugare nella borsetta per rimediare un pezzetto di carta, uno scontrino, e annotare convulsamente dei versi che sfuggono, come i pensieri in una vita senza pace. Ecco la sua forza: non nel chiedere al lettore di entrare in un mondo altro per accedere al discorso poetico, ma nel portare la poesia lì dove l’esistenza scorre assolutamente indifferente a qualsivoglia afflato lirico.
sono uscita per farmi un caffè
al bar e non ne avevo voglia
c’era gente assonnata in giro
i tavolini e le sedie in una torre
bagnata perchè aveva piovuto
al centro di un vuoto
ti ho pensato
mentre passava un’auto
sei posti sei cilindri tetto panoramico
ho pensato anche alla fusione Fiat Chrysler
e il caffè è diventato subito freddo
è finito in un cesto spazzatura
non avevo pesanti valigie
camminavo piano
e ho rubato due fiori in un’aiuola
Carla Viganò
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