AFFOGANDO IN UN MARE DI BANALITÀ – LE SARDINE
«A luglio e agosto verrà data priorità alle regioni che andranno al voto. Come sette mesi fa saremo la risposta immunitaria della società civile, contro il sovranismi, populismi, razzismi, intolleranze e negazionismi».
Così parlò Mattia Santori, il messia delle Sardine, lo spacciatore di banalità tagliate con la saccarina e vendute a una schiera di «giornalisti» supini alla sua luminosità. Le Sardine si considerano la difesa immunitaria della nazione, la parte sana, si sono autoeletti «società civile», qualunque cosa voglia dire.
Oltre il Verbo del movimento ittico si trova il male, il nazismo, il genocidio, il fin troppo vituperato «odio». Santori ha una visione manichea della realtà. La complessità del mondo gli sfugge completamente. Il suo pensiero è binario, semplicistico come la trama di un fumetto Marvel: da una parte gli eroi senza macchia e paura, dall’altra i cattivi grondanti fascismo.
I membri del movimento di Santori si considerano le forze del Bene in lotta con le tenebre del «fasciosovranismo». Trattasi di una riedizione comica dell’Armageddon, ma con una reale e pericolosa inclinazione totalitaria. Le Sardine sono una setta, un gruppo che si colloca fuori e al di sopra della società e pretende di redimerla con le sue azioni.
Lo sforzo di riscattare il futuro inizia rendendo certe identità un crimine. Se sei un maschio, bianco, cristiano, conservatore, sovranista, nazionalista, devi essere rieducato o cancellato. L’unico tipo umano ammesso dalle Sardine è il seguace che non pensa, che ripete meccanicamente delle formule vuote, che aderisce pedissequamente ai dogmi del progressismo: bontà dell’immigrazione e malvagità dei confini, cattiveria di Salvini e santità di Mattarella. Afferma Santori: «Abbiamo per le mani una creatura fragile ma di rara bellezza. Che ogni giorno ci porta a soffrire, litigare, quasi arrenderci. Ma che ogni giorno ci ricorda quanto si stava peggio prima. Molti di noi erano soli prima delle sardine, o al massimo divisi in gruppetti sparuti». Queste frasi che trasudano una falsa fragilità, rivelano il carattere settario e religioso del movimento di sinistra. Le Sardine sono una «comunità di significato», alla quale i membri sono vincolati da legami fideistici. Per i laici, la politica è l’arte di gestire il conflitto e promuovere l’interesse nazionale. Le Sardine (e la sinistra) la considerano il percorso verso la redenzione sociale e collettiva. Per il movimento squamoso, la politica riguarda le scelte morali che definiscono chi è umano e chi no. Si tratta di schierarsi dalla «parte giusta» in una guerra che deciderà il futuro dell’umanità.
Ciò che più sconcerta delle Sardine, non è solo il carattere religioso e l’ingenuo utopismo, ma che sia costituito, principalmente, da giovani fra i venti e i trent’anni, ovvero dalle vittime predilette delle politiche economiche della sinistra e dell’immigrazione clandestina incontrollata. Eppure, continuano a sostenere sia l’euro che le «migrazioni», due fenomeni che generano precarietà lavorativa. Si fanno portatori di grandi ideali astratti e non si accorgono della terra che frana sotto i loro piedi. Imitano i sessantottini, ma a differenza di quest’ultimi non poggiano i piedi su un terreno economico stabile. Poco inclini come sono al pensiero critico, aderiscono pavlovianamente agli articoli della fede progressista.
Se il movimento di «pesciolini» manterrà la sua promessa, avremo un’estate con Santori e compagnia sproloquiante in ogni dibattito televisivo. Bontà politica in filodiffusione, smancerie al presidente Conte e appelli alla solidarietà, da esercitare mediante prelievi forzosi dai conti correnti bancari. La crisi economica avanza, ma non pensiamoci, ci saranno le carinerie delle Sardine a sollevarci il morale.
Davide Cavaliere
Analisi perfetta.